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Israele–Thailandia: lo scudo sopra Bangkok

Shira Navon

Tempo di Lettura: 3 min
Israele–Thailandia: lo scudo sopra Bangkok

Ogni giorno che passa, il boicottaggio interplanetario contro Israele è un po’ meno interplanetario. La decisione della Thailandia di affidarsi a Israele per proteggere il proprio spazio aereo non è un dettaglio tecnico, ma un segnale politico e strategico di grande rilevanza. Il Regno, che negli ultimi anni ha accelerato la modernizzazione delle sue forze armate, ha scelto il Barak MX, il sistema di difesa aerea sviluppato da Israel Aerospace Industries capace di intercettare droni, aerei da combattimento e una vasta gamma di missili. Una mossa che intreccia la crescente instabilità dell’Asia-Pacifico con l’ascesa della tecnologia militare israeliana come nuovo standard globale.

L’accordo, annunciato dall’amministratore delegato di IAI Boaz Levy, apre una pagina nuova nei rapporti tra Bangkok e Gerusalemme. La Thailandia diventa così il primo Paese del Sud-Est asiatico a dotarsi di una difesa aerea a media gittata basata sul Barak MX. Una scelta che, secondo fonti militari asiatiche, risponde alla necessità di colmare un vuoto critico nella protezione dei centri urbani, delle infrastrutture energetiche e delle basi dell’aeronautica: soprattutto dopo l’aumento delle incursioni di droni lungo rotte sensibili e il deterioramento delle tensioni nel Mar Cinese Meridionale.

Il sistema scelto da Bangkok non è un semplice pacchetto di radar e missili. Il Barak MX integra una suite anti-guerra elettronica, una difesa attiva contro cyberattacchi e un simulatore avanzato che consente all’Aeronautica thailandese di addestrarsi su scenari complessi, inclusi attacchi saturanti e minacce multiple provenienti da quote diverse. Tutti i componenti sono montati su piattaforme mobili, riposizionabili in pochi minuti: un requisito essenziale nella geografia thailandese, fatta di coste estese, giungle fitte e basi distribuite in territori difficili da proteggere con sistemi statici.

Secondo fonti della difesa di Bangkok, il Barak MX è stato preferito ad altre offerte — comprese piattaforme occidentali e sudcoreane — per la sua compatibilità con i sistemi di comando e controllo già in uso e per la capacità di operare in ambienti a forte disturbo elettronico. È un fattore decisivo: negli ultimi anni l’esercito thailandese ha denunciato ripetuti tentativi di penetrazione informatica nei propri network militari, spesso attribuiti a gruppi legati a potenze regionali.

Israele, dal canto suo, consolida una presenza sempre più rilevante in Asia orientale. Dopo i contratti con India, Filippine e Vietnam, l’intesa con Bangkok rafforza la percezione del Barak MX come uno dei sistemi di difesa più versatili del mercato globale. Non sfugge a nessuno che il know-how israeliano in materia di intercettazione — dal Barak all’Iron Dome — è considerato oggi una risposta concreta al nuovo paradigma della minaccia aerea: piccoli droni, sciami autonomi, missili da crociera a bassa quota.

Per la Thailandia, l’accordo ha anche un valore simbolico. Il Regno punta a dimostrare la capacità di dotarsi di tecnologie di livello superiore in un momento in cui la competizione tra Cina e Stati Uniti influenza ogni scelta di sicurezza. Acquistare un sistema israeliano, altamente interoperabile ma non legato a un blocco politico rigido, permette a Bangkok di rafforzarsi senza schierarsi apertamente.

In definitiva, la decisione thailandese racconta due storie intrecciate: un Paese del Sud-Est asiatico che cerca di proteggere i propri cieli in una regione sempre più instabile, e un Israele che — nonostante pressioni e campagne di delegittimazione — continua a imporsi come attore centrale nella difesa globale. Quando si parla di sicurezza aerea, oggi, ci sono Paesi che comprano soluzioni. E altri che le costruiscono. La Thailandia ha scelto i secondi.


Israele–Thailandia: lo scudo sopra Bangkok
Israele–Thailandia: lo scudo sopra Bangkok