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Israele, Morpheus, l’algoritmo che veglia sui soldati

Shira Navon

Tempo di Lettura: 4 min
Israele, Morpheus, l’algoritmo che veglia sui soldati

Si chiama Morpheus, ed è destinato a salvare vite e a difendersi meglio dalla diabolica e aggiornata abilità dei terroristi. L’esercito israeliano ha capito, sia pure in ritardo, quanto fosse diventato facile, per un nemico ostinato e tecnologicamente abile come Hamas, infilarsi nelle crepe dell’ingenuità digitale dei suoi soldati. Selfie, video, scatti distratti dall’interno delle basi: una miniera di informazioni gratuite che il 7 ottobre 2023 ha avuto un peso micidiale.

Ora l’IDF prova a chiudere la falla con uno strumento nuovo, intrusivo quanto necessario: Morpheus, un sistema di monitoraggio basato sull’intelligenza artificiale destinato a scrutare quotidianamente circa 170.000 profili social dei militari in servizio.
Non stiamo in un film di fantascienza: Morpheus è già stato sperimentato negli ultimi mesi su 45.000 soldati con risultati tanto sorprendenti quanto inquietanti: migliaia di segnalazioni, contenuti rimossi a raffica, decine di interventi diretti degli esperti di sicurezza informatica. Il sistema non analizza account privati né profili dei riservisti – una precauzione pensata per disinnescare in anticipo il dibattito sulla privacy –, ma si concentra esclusivamente sui profili pubblici. Eppure la quantità di materiale sensibile che un militare riesce a diffondere senza accorgersene resta impressionante.

La logica è semplice: Morpheus analizza testi, foto e video, e individua in tempo reale posizioni riconoscibili, armi, infrastrutture, scorci di basi, veicoli, turni, movimenti di truppe. Se qualcosa non torna, l’algoritmo manda un alert; nei casi più seri, gira la segnalazione all’unità di sicurezza informatica che contatta il soldato e impone la rimozione immediata. Lo scopo è creare uno scudo di pochi secondi tra l’errore individuale e l’occhio vigile dei gruppi terroristici che da anni scandagliano i social israeliani come fossero un database pubblico.

Il ricorso a un sistema del genere non nasce dal nulla. Le indagini interne dell’IDF, pubblicate nel novembre 2024, hanno mostrato come Hamas avesse raccolto informazioni per anni proprio passando dai canali social dei soldati: fotografie di infrastrutture, video di addestramenti, post con coordinate geografiche attivate automaticamente, perfino dettagli apparentemente insignificanti che diventano oro per chi costruisce mappe operative. Tutto questo materiale è servito per ricostruire layout delle basi, punti ciechi, orari, routine. E si è intrecciato con dati ottenuti da droni commerciali, piattaforme open source, mappe 3D e ricognizioni effettuate da informatori locali.

Non solo Hamas. Da mesi le autorità israeliane segnalano che anche Hezbollah ha intensificato la raccolta d’informazioni tramite scraping sistematico dei social; in parallelo, alcuni gruppi cyber-proxy iraniani – come gli attori legati al Corpo delle Guardie rivoluzionarie – conducono campagne mirate per carpire dati personali dei militari attraverso profili fake, soprattutto su Instagram e TikTok. Più volte l’IDF ha lanciato allerte specifiche: non accettare richieste di amicizia da account sospetti, evitare di condividere immagini anche banali di addestramenti, non pubblicare mai foto con sfondi riconoscibili.

In questo contesto, Morpheus arriva come risposta tecnologica a una fragilità umana che nessun briefing ha mai completamente eliminato. Il sistema, inoltre, fa parte di una strategia più ampia che l’IDF sta implementando: nuove regole interne per l’uso degli smartphone in servizio, zone delle basi dove è vietato portare dispositivi personali, corsi obbligatori di cyber-awareness e una squadra dedicata al monitoraggio delle piattaforme aperte dove appaiono, troppo spesso, contenuti che dovrebbero restare dentro un perimetro militare.

A dicembre il sistema dovrebbe essere approvato in via definitiva ed esteso a tutti i soldati in servizio attivo. Non sarà la formula magica che impedirà ogni ingenuità, ma rappresenta un argine necessario in un’epoca in cui basta una storia su Instagram per aprire una finestra a un nemico che non aspetta altro. L’obiettivo finale è uno solo: chiudere quella finestra prima che qualcuno decida di entrarci.


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