Mentre nei campus occidentali prosperano slogan prefabbricati e campagne di boicottaggio che vorrebbero isolare Israele dal resto del mondo, una ventina di sindaci provenienti da quindici Paesi ha scelto l’opposto: venire sul posto, guardare, ascoltare, confrontare pregiudizi e fatti. È la 34ᵃ conferenza internazionale dei sindaci organizzata dall’American Jewish Congress insieme al ministero israeliano degli Esteri, un appuntamento che in questi anni di propaganda antisionista assume un valore politico inedito. Non è un viaggio turistico, ma un’immersione dentro un Paese che continua a produrre innovazione nonostante una guerra che ha lasciato ferite profonde.
Per cinque giorni i sindaci hanno attraversato Israele incontrando i vertici del Paese — tra cui il presidente Itshak Herzog e il primo ministro Benyamin Netanyahu — e visitando centri tecnologici dedicati all’intelligenza artificiale, alla mobilità urbana, alla cybersecurity e ai sistemi di emergenza. Con loro anche Dan Cohen, sindaco di Leeds, una delle città più dinamiche del Regno Unito: ottocentomila abitanti e un’economia locale da 75 miliardi di sterline. La presenza di amministratori di città medie e grandi non è casuale: sono loro a guidare l’innovazione urbana e a tessere relazioni internazionali che spesso anticipano quelle degli Stati.
Tra le tappe più sorprendenti c’è stata la presentazione di una piattaforma di risposta d’emergenza alimentata da algoritmi: un sistema che integra flussi video, dati da droni, traffico, segnalazioni social e media locali per fornire alle squadre di soccorso una mappa aggiornata in tempo reale. Una tecnologia concepita non nei laboratori della Silicon Valley, ma in un contesto segnato da minacce costanti: Israele trasforma la necessità in competenza, e la fragilità in innovazione.
Molti dei sindaci sono arrivati con idee preconfezionate, alimentate da una versione esterna semplificata e spesso distorta. Il sindaco di Entebbe, in Uganda, lo ha detto senza giri di parole lasciando Gerusalemme: “Mi avete cambiato completamente. Il quadro che mi avevano dato non era vero. Torno a casa da ambasciatore”. Un messaggio che Daniel Rosen, presidente dell’American Jewish Congress, ascolta da anni. “La maggior parte di questi amministratori conosce Israele solo attraverso i social e una stampa frammentaria. Quando vengono qui capiscono la differenza tra percezione e realtà.”
Non è stato solo un viaggio dentro il presente hi-tech del Paese. La delegazione ha visitato i luoghi colpiti il 7 ottobre: il sito del festival Nova, Kfar Aza e Sderot. È l’edizione più emotiva mai organizzata, perché per la prima volta i partecipanti hanno visto con i propri occhi il cuore infranto del Sud. Cohen, padre di due ragazze della stessa età delle vittime del Nova, ha descritto la visita come “una ferita aperta”. A Kfar Aza i sindaci sono stati guidati da una giovane che ha perso diversi familiari. A Sderot hanno scoperto come una città possa reinventare i propri sistemi di allerta sotto il fuoco, riducendo quei quindici secondi per trovare un riparo a un processo più efficiente e predittivo.
Molti dei partecipanti, in passato, sono diventati leader nazionali: dall’ex presidente salvadoregno Bukele a futuri ministri argentini e italiani. Potrebbe accadere di nuovo. Ed è proprio questo il punto: Israele continua a investire su una diplomazia delle città che crea nuovi ponti mentre altri tentano di bruciarli.
Non tutti, ovviamente, gradiscono queste iniziative. Gruppi filopalestinesi europei hanno denunciato il viaggio definendolo “washing politico”, e in Francia alcuni collettivi hanno chiesto ai sindaci di disertare l’evento. Senza successo. Anche negli Stati Uniti, dove la pressione del movimento BDS resta rumorosa, amministratori locali di città come Cincinnati, San Diego e Houston hanno espresso interesse a partecipare alle prossime edizioni, segno che il boicottaggio ideologico non intacca la pratica amministrativa: chi governa una città cerca soluzioni, non slogan.
Alla fine, la delegazione è ripartita con un’immagine molto diversa di Israele: non un Paese rinchiuso nel conflitto, ma una società che investe sulla creatività, sulla resilienza e sulla convivenza. Una storia che fuori raramente passa e che i sindaci, questa volta, hanno ascoltato senza filtri.
Israele, la realtà oltre i boicottaggi
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