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Israele cambia pelle: nasce la superpotenza della Defense-Tech

Shira Navon

Tempo di Lettura: 4 min
Israele cambia pelle: nasce la superpotenza della Defense-Tech

Israele non è più soltanto la “Cyber Nation” celebrata negli ultimi vent’anni, ma una potenza tecnologica militare a tutto tondo, che guarda dritta alla minaccia iraniana e costruisce attorno a essa la propria strategia. È questo il messaggio – diretto, netto, senza sfumature – che il generale (ris.) Amir Baram, direttore generale del Ministero della Difesa, ha consegnato al secondo DefenseTech International Summit, inaugurato domenica 30 novembre a Tel Aviv insieme alla DDR&D e al Centro Blavatnik di cybersicurezza.

Baram ha parlato di una metamorfosi profonda: Israele non rincorre più l’innovazione, la genera. E la genera soprattutto dove serve di più: intercettazione missilistica, droni autonomi, guerra elettronica, intelligence predittiva, comunicazioni post-quantiche, protezione delle infrastrutture critiche e capacità spaziali. Le lezioni maturate nei recenti conflitti – dal nord al sud, dal Libano a Gaza – hanno accelerato un processo già in corso dopo l’ondata di attacchi iraniani del 2024, quando Israele respinse, insieme a partner occidentali e arabi, la più grande offensiva missilistica e dronica mai lanciata da Teheran.

I numeri parlano da soli: nel solo 2024, il Ministero della Difesa ha firmato 21 accordi intergovernativi per un valore di diversi miliardi di dollari e ha investito 1,2 miliardi di shekel nell’ecosistema delle startup. Su 300 aziende innovative che collaborano con la DDR&D, oltre 130 hanno partecipato alle operazioni militari dell’ultimo anno, introducendo in tempo reale sistemi nuovi o versioni migliorate. Oggi Tel Aviv è il terzo hub globale della Defense-Tech, superato soltanto dagli Stati Uniti e da Shenzhen.

Non è però solo una questione di grandi contractor come Rafael, IAI o Elbit, che continuano a firmare contratti in Europa e Asia sospinti dall’efficacia dimostrata sul campo dei loro sistemi – dal drone kamikaze Harop ai radar Multi-Mission, dalle torrette RCWS ai nuovi Iron Beam a energia diretta. A trainare la crescita è anche la moltitudine di piccole e medie imprese: sensori, software di targeting, analisi video in tempo reale, micro-satelliti. Un tessuto industriale che, tassello dopo tassello, firma accordi che singolarmente valgono decine o centinaia di milioni.

Sul fronte geopolitico Baram è stato altrettanto chiaro: tutti i fronti restano attivi, i nemici osservano, imparano, si adattano. L’Iran accelera sulla produzione di missili ipersonici, guida le milizie regionali e investe pesantemente nella guerra cibernetica. Ma, ha detto, «questa fase intermedia offre opportunità strategiche a chi sa coglierle».

La vera novità è la conferma esplicita che il Ministero sta sviluppando tecnologie di prossima generazione con l’Iran come scenario di riferimento. Non solo difesa – intercettori più rapidi, sistemi laser, capacità anti-drone di nuova generazione – ma anche strumenti offensivi in grado di colpire reti di comando, piattaforme missilistiche mobili e infrastrutture strategiche. Il tutto integrato in un modello unico: cicli brevissimi tra esercito, ingegneri e industria, possibilità di testare sul campo, rapidità di adattamento che nessuna potenza occidentale è in grado di replicare.

«Le tecnologie israeliane stanno salvando vite nel mondo in questo momento. Non è retorica, è un fatto», ha ricordato Baram, sottolineando che in Ucraina, nel Mar Rosso e nel Golfo diverse forze armate utilizzano componenti israeliani critici per difendersi da droni e missili iraniani o filoiraniani.

Il Summit, che proseguirà per tutta la settimana, espone prototipi e piattaforme difficili da vedere altrove: sistemi autonomi basati su intelligenza artificiale addestrati sui dati israeliani, analisi multispettrali per individuare lanciatori nascosti, modelli avanzati per la protezione delle costellazioni satellitari. È l’immagine di un Paese che vive in uno stato di minaccia permanente, ma che proprio da quella minaccia trae la sua spinta creativa più potente. E lo fa, come sempre, per necessità. Non è un vezzo tecnologico, ma un imperativo vitale.


Israele cambia pelle: nasce la superpotenza della Defense-Tech
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