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Israele avverte gli USA: i missili iraniani non sono solo manovre

Shira Navon

Tempo di Lettura: 3 min
Israele avverte gli USA: i missili iraniani non sono solo manovre

Routine militare? Nient’affatto. Secondo rivelazioni raccolte da Axios – sito di informazione molto accreditato – e confermate da più fonti di intelligence occidentali, Israele ha avvertito l’amministrazione statunitense che le manovre in corso in Iran potrebbero costituire una copertura operativa per un attacco reale, potenzialmente diretto contro il territorio israeliano. Il punto non è tanto la certezza di un imminente strike, quanto il contesto strategico profondamente mutato dopo il 7 ottobre 2023.

Le informazioni raccolte finora indicano movimenti di forze all’interno dell’Iran, senza segnali inequivocabili di un attacco in preparazione. Ma, come hanno spiegato funzionari israeliani citati da Axios, il margine di rischio che Israele è disposto a tollerare oggi è drasticamente inferiore rispetto al passato. Se è vero che appena sei settimane fa, segnali simili si erano poi rivelati un falso allarme, questa volta, però, nessuno è disposto a liquidare l’ipotesi come una semplice esercitazione di routine.

Sul piano operativo, il capo di stato maggiore delle IDF, Eyal Zamir, ha contattato direttamente il comandante del CENTCOM, l’ammiraglio Brad Cooper, per avvisare che l’attività missilistica dei Pasdaran (il corpo militare-ideologico creato nel 1979 per difendere la Rivoluzione khomeinista e il regime degli ayatollah) potrebbe essere sfruttata come “copertura” per un attacco a sorpresa. Il colloquio è stato seguito da un incontro a Tel Aviv tra Cooper e i vertici militari israeliani, segno di un coordinamento difensivo che resta intenso, ma carico di tensione.

Da parte sua Washington mostra una maggiore prudenza. Fonti dell’intelligence americana affermano di non vedere, allo stato attuale, preparativi concreti per un attacco imminente. Una divergenza di valutazione che non è nuova nei rapporti tra Stati Uniti e Israele, ma che oggi pesa di più perché si innesta su un quadro regionale estremamente instabile.

Secondo l’intelligence israeliana, Teheran sta ricostruendo il proprio arsenale missilistico con una determinazione senza precedenti dalla breve ma intensa guerra di dodici giorni dello scorso giugno. Le scorte, scese da circa 3.000 a 1.500 missili, e i lanciatori, dimezzati da 400 a 200, sono di nuovo al centro di uno sforzo accelerato. Un dato che alimenta la convinzione, a Gerusalemme, che l’Iran non stia semplicemente addestrando le proprie forze, ma testando opzioni operative.

Ulteriori segnali arrivano da fonti indipendenti. Iran International, citando servizi di intelligence occidentale, ha parlato di “attività aerea insolita” da parte della forza aerospaziale dei Guardiani della Rivoluzione, con un livello di coordinamento tra droni, missili e difesa aerea giudicato superiore agli standard abituali. Anche qui, l’ipotesi dell’esercitazione resta sul tavolo, ma è proprio l’ampiezza e la sincronizzazione delle manovre ad aver fatto scattare un monitoraggio rafforzato.

Sul piano politico, il dossier iraniano sarà al centro dell’incontro previsto il 29 dicembre a Miami tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente statunitense Donald Trump. Secondo indiscrezioni riportate da NBC News, Netanyahu intende discutere non solo del riarmo balistico iraniano, ma anche della possibilità di un nuovo attacco israeliano contro obiettivi iraniani nel 2026.

Il messaggio che arriva da Gerusalemme è chiaro: anche se la probabilità di un attacco diretto iraniano resta inferiore al cinquanta per cento, l’era in cui Israele poteva permettersi di sbagliare valutazione è finita. In un Medio Oriente dove le esercitazioni possono trasformarsi rapidamente in operazioni reali, la linea tra deterrenza e guerra preventiva si assottiglia più che mai.


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