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Iran-Israele. Messaggi nel buio

Gerusalemme e Teheran si parlano per evitare l’escalation, con Mosca snodo silenzioso.

Paolo Montesi

Tempo di Lettura: 3 min
Iran-Israele. Messaggi nel buio

Nel pieno di una fase regionale segnata da nervi scoperti e deterrenze fragili, Israele e Iran hanno riattivato un canale di comunicazione indiretta. Nulla di formale, nulla di strutturato. Solo messaggi, scambiati nel tentativo di abbassare la temperatura prima che diventi ingestibile. A fare da tramite, secondo fonti mediorientali citate dal sito Amwaj.media, è stato Vladimir Putin, ormai stabilmente insediato nel ruolo di mediatore informale tra attori che ufficialmente si negano qualsiasi contatto.

Il punto da cui partire è semplice: non c’è stato alcun cessate il fuoco, né un’intesa politica, né tantomeno un accordo strategico. C’è stato semmai un tentativo di gestione del rischio. Israele, secondo il rapporto, avrebbe fatto arrivare a Teheran il messaggio che non intendeva aprire una nuova fase di escalation militare in quel preciso momento. L’Iran ha risposto, ma senza assumere impegni vincolanti e ribadendo il rifiuto di qualsiasi meccanismo che potesse anche solo lontanamente somigliare a un coordinamento.

È una dinamica nota agli osservatori della regione: parlare senza parlarsi, segnalare senza concedere, avvertire senza promettere. Un gioco pericoloso, ma spesso inevitabile quando il conflitto aperto convive con la consapevolezza dei suoi costi. Un alto funzionario iraniano ha confermato che lo scambio di messaggi c’è stato, precisando che si è trattato di “un messaggio reciproco a un amico comune” per evitare nuovi attacchi. L’amico, inutile dirlo, è il Cremlino.

Il dettaglio politicamente più significativo riguarda l’identità dell’emissario iraniano. A gestire il canale sarebbe stato Ali Larijani, figura di primo piano del sistema iraniano e uomo di fiducia della Guida Suprema. Larijani si sarebbe recato a Mosca alcune settimane fa, consegnando a Putin un messaggio personale di Ali Khamenei. Un segnale chiaro: quando Teheran vuole farsi capire, non delega ai livelli intermedi.
Secondo quanto riportato, l’Iran avrebbe comunicato la propria intenzione di non colpire Israele durante una conversazione diretta tra Putin e la leadership iraniana. Nessun israeliano al telefono, nessun contatto diretto con Benjamin Netanyahu, che Teheran continua a considerare un interlocutore inaccettabile. Anche questo non è un dettaglio secondario: la forma, in Medio Oriente, è spesso sostanza.

Resta da chiarire la tempistica precisa degli ultimi messaggi. Una possibilità è che lo scambio sia proseguito fino alle ultime due settimane. Il 15 novembre il Cremlino ha annunciato una telefonata tra Putin e Netanyahu, confermata poco dopo anche da Gerusalemme. Un tassello che rafforza l’ipotesi di un’attività diplomatica discreta, parallela ai movimenti militari e alle dichiarazioni pubbliche.

Il quadro che emerge è quello di un equilibrio instabile, sorretto più dalla paura dell’escalation che da una reale volontà di distensione. Israele e Iran restano avversari strategici, legati a una logica di confronto che attraversa Gaza, il Libano, la Siria e lo spazio cibernetico. Ma proprio per questo, quando la tensione rischia di sfuggire di mano, entrambi sanno che parlare, anche nel buio, è meglio che sparare. Anche se nessuno dei due può permettersi di ammetterlo apertamente.


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