Oggi il movimento pro-Palestina che si manifesta nelle piazze occidentali non è più soltanto un’istanza di giustizia o una voce per i diritti umani. Si è trasformato in una vera e propria ideologia ibrida, che dietro il linguaggio della libertà e della solidarietà nasconde una miscela inquietante di pulsioni illiberali. È una mutazione profonda, che unisce, talvolta in modo inconsapevole, talvolta con deliberata strategia, tre filoni ideologici storicamente aggressivi: l’antisemitismo d’ascendenza neonazista, l’islamismo radicale e un anticapitalismo viscerale, travestito da critica all’Occidente.
Quello che colpisce, infatti, non è la legittima difesa di una causa nazionale o la denuncia delle violenze in Medio Oriente, ma l’impianto ideologico che si è consolidato dietro lo slogan “Free Palestine”. Una costruzione culturale che trasforma il conflitto israelo-palestinese in simbolo universale della lotta tra “oppressi” e “oppressori”, cancellando la complessità storica, geopolitica e morale della questione. Una vera e propria “cancel culture” dove viene rimossa la memoria di atrocità come il 7 ottobre 2023 o secoli di provocazioni, rifuti esistenziali, attentati o peggio guerre più o meno esplicite e più o meno dirette che il mondo arabo ha perpretato nei confronti del popolo ebraico in Medio Oriente.
Il primo elemento di questa nuovo ibrido ideologico è l’antisemitismo, che si insinua sotto le spoglie dell’antisionismo. Non si contano più le manifestazioni, i post, le prese di posizione in cui la critica al governo israeliano si confonde o meglio, si fonde con l’odio verso l’identità ebraica. Simboli nazisti e retoriche complottiste ritornano, accolti da frange estreme che vedono nella causa palestinese l’occasione per rilanciare narrazioni d’odio antisemite, ormai sdoganate anche in ambiti democratici e progressisti.
Il secondo asse è rappresentato dall’islamismo radicale. Sostenere senza distinzioni la “resistenza palestinese” significa oggi, troppo spesso, legittimare anche Hamas e altri gruppi fondamentalisti. La loro visione è teocratica, autoritaria, misogina. La bandiera palestinese, agitata in tante città europee, copre a volte le istanze di una leadership che nega i diritti fondamentali, civili e politici, ai propri stessi cittadini.
Infine, un terzo elemento: l’antagonismo anti-occidentale. Un’antica retorica anti-sistema, oggi tornata con nuovi linguaggi, che accusa l’Occidente di essere la fonte di ogni male: colonialismo, capitalismo, globalismo. La causa palestinese diventa così un contenitore simbolico di tutte le frustrazioni contro le élite, contro le democrazie liberali, contro l’economia di mercato. Una narrativa tanto efficace quanto semplicistica, che cancella le responsabilità interne e promuove una lettura binaria e ideologica del mondo.
Il risultato è che il “FreePalestinismo” non è più un impegno per la pace o per la giustizia, ma un contenitore ideologico globale. Una piattaforma dove si incontrano e si rafforzano pulsioni anti-ebraiche, anti-democratiche, anti-occidentali. Ed è qui che il discorso si fa pericoloso. Perché il volto che il movimento pro-Palestina mostra oggi al mondo non è solo quello della solidarietà, ma anche quello dell’intolleranza mascherata. E la recrudescenza di fenomeni di antisemitismo nelle cronache americane, europee e senza andare lontani, anche a casa nostra, ne sono la rappresentazione plastica.
Un pensiero davvero libero e critico non deve mai confondere la causa di un popolo con l’ideologia dei suoi presunti portavoce. Difendere i diritti dei palestinesi, come quelli degli israeliani, dei curdi, degli ucraini, degli iraniani, e tanti altri popoli oppressi, significa anche rifiutare ogni alleanza con ideologie che calpestano quei medesimi diritti in nome di una lotta astratta. Significa smascherare, dietro il linguaggio della libertà, i volti inquietanti di vecchi totalitarismi travestiti da nuova giustizia.
Il volto nascosto del movimento pro-Palestina: un’ideologia oltre la retorica della libertà Il volto nascosto del movimento pro-Palestina: un’ideologia oltre la retorica della libertà Il volto nascosto del movimento pro-Palestina: un’ideologia oltre la retorica della libertà