Una scoperta che scuote l’intero modo di raccontare il conflitto israelo-palestinese: le Israel Defense Forces (IDF) hanno portato alla luce, nella zona di Rafah, nella Striscia di Gaza, un complesso sotterraneo costruito da Hamas lungo oltre sette chilometri e profondo circa 25 metri, con circa ottanta camere dedicate a fini operativi e di detenzione. In questo labirinto sarebbe stato trattenuto per anni il corpo del tenente Hadar Goldin, caduto durante la guerra del 2014 e da tempo al centro delle trattative israeliane per il recupero dei resti. Le dichiarazioni del comando militare definiscono il tunnel «uno dei più significativi e complessi mai individuati nella Striscia» e indicano che attraversava aree civili densamente popolate, sotto scuole, cliniche, moschee e perfino strutture dell’agenzia ONU per i profughi.
La vicenda di Goldin era finora poco chiara: ucciso in un’imboscata nei pressi di Rafah, il suo corpo era rimasto nei territori della Striscia per oltre un decennio, divenendo uno dei simboli della fragilità israeliana nel recupero delle vittime e della costante tensione con Hamas. Il recente scambio mediato – con la restituzione dei resti – ha rappresentato un momento di svolta emotiva e morale per lo Stato di Israele. Ora, la rivelazione del tunnel getta nuova luce sui metodi e sull’organizzazione che Hamas ha messo in campo per nascondere combattenti, armi e corpi.
Non è solo sorprendente la lunghezza del tunnel. Le forze speciali coinvolte – tra cui le unità d’élite del genio militare e i commando navali di Shayetet 13 – avrebbero operato per mesi per mappare e penetrare questa rete che attraversava zone civili. Il segnale è chiaro: Hamas avrebbe utilizzato la copertura della popolazione civile come scudo, costruendo infrastrutture sotterranee sotto ambienti apparentemente innocui e sfruttando la protezione implicita di quel tessuto urbano per operazioni militari.
Per Israele il significato è triplice. Primo, conferma l’esistenza di strutture sotterranee vaste e integrate sotto infrastrutture civili, rendendo più complesso ogni tentativo di neutralizzazione senza vittime collaterali. Secondo, rappresenta la concreta prova – se accettata – che il corpo di Goldin non è stato semplicemente perso o abbandonato, bensì trattenuto in un luogo protetto, rafforzando la tesi israeliana sulle responsabilità di Hamas. Terzo, il ritrovamento diventa elemento di pressione sia sui negoziati in corso per gli ostaggi sia sulla futura gestione della sicurezza nella Striscia.
È tuttavia necessario mantenere un tono di cautela. Restano domande sul tempo effettivo di operatività del tunnel, sull’effettiva detenzione del corpo di Goldin in quell’esatto punto e sul modo in cui questo labirinto sia stato scoperto e messo fuori uso.
Eppure, anche solo come indicazione, la scoperta ha conseguenze sul piano della sensibilità pubblica e della memoria nazionale israeliana. Goldin rappresentava da anni un simbolo doloroso: non solo un soldato caduto, ma il corpo non restituito, il cui recupero era percepito come una questione di onore collettivo. Ora, il tunnel scoperto appare come la tomba silenziosa di quella attesa, e l’esposizione pubblica – con video rilasciati dall’IDF – diventa parte di una ricostruzione più ampia: quella della guerra sotterranea, invisibile ma feroce, che ribalta l’idea del conflitto condotto soltanto alla luce del giorno.
Parallelamente, questa rivelazione rafforza la pressione internazionale su Hamas: non più soltanto accusata di azioni terroristiche e rapimenti, ma ora chiamata ad ammettere la pratica di tenere corpi e combattenti in una rete segreta tra civili, smentendo – se mai ce ne fosse stato bisogno – la propria immagine di gruppo di “resistenza”. Per Israele diventa anche un tema di costruzione della verità: se quella struttura esisteva, allora anche la richiesta di chiarimenti, giustizia e responsabilità va oltre il semplice campo di battaglia.
In conclusione, la scoperta del tunnel è più di un successo militare: è un capitolo nel racconto profondo che Israele porta avanti da anni, fatto di corpi, memoria, recupero e rivendicazione. Per Hadar Goldin la storia oggi si avvia verso una qualche forma di chiusura, anche se la ferita rimane. E per il conflitto tra Israele e Hamas questa vicenda sotterranea ricorda quanto spesso ciò che conta non è ciò che si vede, ma ciò che resta nascosto nel buio.
Il tunnel fantasma: scoperto il labirinto di Gaza dove è stato tenuto Hadar Goldin
Il tunnel fantasma: scoperto il labirinto di Gaza dove è stato tenuto Hadar Goldin

