Per ora è poco più che una sensazione vaga. Alimentata da una sequenza inattesa di coincidenze e di passi falsi. Ma appare del tutto plausibile che, nel medio-lungo periodo, tutte le falsità mediatiche diffuse per offrire un contributo inutile e distorto alla pur legittima causa di una patria palestinese possano ritorcersi contro chi, con spudoratezza e vanità, le ha propagate soprattutto per mettersi in mostra. Lanciando senza remore la moda dell’antisemitismo di ritorno sotto la fragile maschera del neo-terzomondismo indipendentista e anticoloniale.
Si legittima il terrorismo, si “giustificano” gli imbrattamenti delle lapidi ebraiche in tutta Europa, si tollerano le devastazioni in redazioni come La Stampa (che, paradossalmente, avevano contribuito non poco alla diffusione del fraintendimento, per non dire di peggio). Si superano tutti i confini della decenza nel recuperare una ideologia nefasta: quella che negli anni Settanta ammantò le azioni dei GAP di Feltrinelli e delle Brigate Rosse, mascherando il terrorismo comunista dietro l’alibi della reazione al presunto “golpe” in gestazione dopo piazza Fontana e il grottesco golpe Borghese.
La lotta armata di sinistra fu protetta dal ricordo distorto della Resistenza. E così si andò avanti a lungo. Oggi il terrorismo islamista in mezzo mondo viene razionalizzato con la causa palestinese, di cui alla maggior parte dei terroristi non importa nulla. Il terrorismo, infatti, si pratica come il narcotraffico all’ingrosso: un mestiere criminale come un altro. E il terzomondismo diventa la foglia di fico di una multinazionale eversiva che vive di profitti e destabilizzazione. Anche perché difficilmente gli ex Hamas potrebbero ambire a un futuro da impiegati pubblici, né a Gaza né altrove. E perciò, a differenza degli ex brigatisti, i terroristi islamici non si pentono: sanno che nessuna cooperativa potrà assorbirli dopo una eventuale dissociazione. Nemmeno i cattolici simón-bolivariani tanto cari al Papa arrivato dall’altra parte del mondo potrebbero offrir loro un vero rifugio.
La prima vittima eccellente di questa maledizione che perseguita chi ha costruito la propria carriera diffondendo — forse per ingenuità o cieca ideologia — menzogne antisraeliane è stata colei che, come una madonna pellegrina, aveva ottenuto le chiavi di quasi tutte le città governate dalla sinistra italiana.
La seconda vittima, per ragioni del tutto differenti ma accomunata alla prima da una lunga stagione di ostilità verso Israele quando era ministro degli Esteri dell’Unione Europea, è Federica Mogherini. Dallemiana di ferro, persona seria — non come la Albanese — ma altrettanto intrisa di ideologia, martedì è stata fermata con accuse infamanti relative a presunte truffe ai fondi UE. Considerati i precedenti, e il modo in cui queste inchieste spesso evaporano, non solo è doveroso essere garantisti: è naturale esserlo.
Ciò che conta davvero non è l’arresto né le imputazioni, ma il processo di nemesi che colpisce — e continuerà a colpire — tutti coloro che, in diversi momenti della storia recente, hanno acquisito visibilità politica grazie alla scorciatoia del professionismo anti-Israele.
Se tanto mi dà tanto, ne vedremo delle belle. Soprattutto quando emergeranno le cifre autentiche di ciò che, per comodità, molti insistono a definire “genocidio”. Poi toccherà, prevedibilmente, anche ad attori, intellettuali e filosofi à la mode. Ci sarà da osservare con interesse. Del resto, il Dio di Israele è più severo verso gli ipocriti e i bugiardi che verso qualunque altro tipo di “peccatori”.
Il ritorno della nemesi: quando le menzogne anti-Israele presentano il conto
Il ritorno della nemesi: quando le menzogne anti-Israele presentano il conto

