Bannare gli ebrei. Escluderli, bandirli, o meglio: eliminarli. Sì, usiamo il termine appropriato: eliminarli tutti. Anche gli «ebrei buoni», qualunque cosa significhi questa categoria nella perversa mente del suo autore. Dalla città del presidente della Repubblica, e per giunta dallo stesso Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo nel quale Sergio Mattarella ha svolto il suo primo incarico accademico, arriva lo schiaffo in faccia a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana.
I fatti. Il professor Luca Nivarra, ordinario di Diritto civile e decano del Dipartimento, ha scritto su Facebook: «Non voglio intromettermi in questioni che non mi riguardano direttamente ma, avendo a disposizione pochissimi strumenti per opporci all’Olocausto palestinese, un segnale, per quanto modesto, potrebbe consistere nel ritirare l’amicizia su FB ai vostri “amici” ebrei, anche a quelli “buoni”, che si dichiarano disgustati da quello che sta facendo il governo di Israele e le IDF. Mentono e con la loro menzogna contribuiscono a coprire l’orrore: è una piccola, piccolissima cosa ma cominciamo a farli sentire soli, faccia a faccia con la mostruosità di cui sono complici».
Un invito che sa di pulizia etnica. Selezione della razza. Antisemitismo allo stato puro, gassoso. Mefitico. Un linguaggio che evoca i peggiori fantasmi del Novecento e che ha suscitato, per fortuna, una qualche reazione nel mondo politico e accademico.
Il ministro dell’Università Anna Maria Bernini ha chiamato il rettore dell’Ateneo palermitano Massimo Midiri, subito dopo l’esplosione del caso: «Le dichiarazioni del professore Nivarra non offendono solo il popolo ebraico ma tutti coloro che si riconoscono nei valori del rispetto e della convivenza civile».
Non si è fatta attendere la replica del Rettore. «Prendo le distanze da quanto dichiarato dal professore Luca Nivarra. Invitare a togliere i contatti su Facebook agli “ebrei” è una proposta che rischierebbe di alimentare le stesse dinamiche che afferma di voler contrastare. Su temi complessi come il conflitto in Medio Oriente, la strada da percorrere deve essere quella del dialogo e del confronto critico, non dell’isolamento e di ciò che si avvicina a una censura ideologica. L’appello del professore Nivarra rappresenta un’iniziativa personale culturalmente pericolosa e lontana dai principi del nostro Ateneo».
Durissima la posizione della Lega: «Nivarra deve essere licenziato quanto prima. Non possiamo permettere che l’antisemitismo venga considerato una libera manifestazione di critica», ha dichiarato il deputato Rossano Sasso. E il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, rincara: «Inaudito, è antisemitismo puro».
A replicare per prima a Nivarra è stata Stefania Mazzone, docente di Storia delle dottrine politiche a Catania, che lui stesso inserirebbe tra le «ebree buone». «Molti dei giovani che protestano oggi ignorano cosa sia l’antisemitismo, ed esiste una generazione di docenti che trasmettono veleno vero». Mazzone sottolinea come Hamas punti proprio a colpire gli ebrei progressisti: «Persone come me, che in passato hanno fatto da scudo umano in un villaggio palestinese contro il fuoco israeliano e che mantengono contatti con colleghi israeliani critici del loro governo ben prima del 7 ottobre».
Nell’Italia di oggi perfino l’indicibile diventa normale e l’inammissibile, ammesso. Non si può continuare a far strame delle leggi, dei valori di civiltà e dei princìpi stessi di quei templi del sapere violati dai loro stessi custodi.
L’antisemitismo, viene da chiedersi, è ancora un reato, in Italia? Scrivere, pubblicare, declamare l’odio razziale verso gli ebrei è ancora punibile secondo la legge Mancino del 1993? L’obbligatorietà dell’azione penale si infrange, quando si tratta di intervenire per reprimere il fenomeno dell’antisemitismo, in rete come nelle strade, sulle porte dei negozi, nei ristoranti.
Questa incredibile storia del docente di diritto palermitano ci avvampa di rabbia, pur lasciandoci basiti. Increduli. Evoca tutti i luoghi comuni di cui parlava Joseph Goebbels («Tutti gli ebrei mentono, sempre») e lo fa con l’autorità che gli conferisce un’importante università italiana. Per di più, dall’ateneo nel quale ha iniziato la sua carriera il giovane Sergio Mattarella, molti anni prima di diventare Presidente della Repubblica. Si è passato il segno. Si è varcato un confine invisibile e inviolabile, si sono messi insieme – in un cocktail letale – l’odio razziale, la toga accademica e la città che più di ogni altra, Palermo, riunisce nella sua storia e cultura la matrice comune delle tre grandi religioni.
Con poche righe, in un colpo solo, il professor Nivarra pretende di liquidare secoli di convivenza armoniosa, di civiltà giuridica e di cultura dell’inclusione. Questo nuovo professor Interlandi, siciliano come il suo più noto predecessore, che teorizzò la necessità di escludere gli ebrei dal consesso civile, segna a un secolo di distanza il nuovo punto più basso nella discesa nell’abisso. Nella banalità del male, un nuovo tragico ribasso del valore che distingue ciò che è umano da quel che non lo è.
Per questo sentiamo il dovere di indirizzarci oggi al Capo dello Stato.
Intervenga lei, signor Presidente. Lei che è cresciuto in quel Dipartimento di Giurisprudenza ed è oggi a capo del Csm e garante di tutti gli italiani, incluso, va oggi ricordato, gli ebrei. Intervenga raccogliendo il grido di allarme che proviene da tutte le sensibilità ancora capaci di ascolto, in questo Paese. L’antisemitismo è fuori controllo anche nella sua Palermo, e a Bari, a Napoli, in Sardegna, a Roma, a Firenze, in Emilia-Romagna, a Milano, Torino, Venezia… ovunque in Italia nascono ogni giorno nuovi focolai di crisi. Il ruolo vigile della magistratura si distrae sempre più spesso, quando ci sarebbe da applicare la legge Mancino. Ma c’è qualcosa che trascende l’applicazione delle norme. Ogni giorno in cui si offende il diritto degli ebrei a vivere in pace e prosperità, in cui si calpesta il rispetto che si deve all’altro, perdiamo tutti un ulteriore brandello di umanità.
Dal Quirinale arrivi un segnale chiaro, forte, incontrovertibile. Il momento è arrivato e tacere, no. Non si può più.
Il Professore di diritto dell’università di Palermo ferisce l’umanità (e la Sicilia) Il Professore di diritto dell’università di Palermo ferisce l’umanità (e la Sicilia) Il Professore di diritto dell’università di Palermo ferisce l’umanità (e la Sicilia)