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Il nuovo shekel che non tintinna: Israele prepara il salto nel denaro digitale

Rosa Davanzo

Tempo di Lettura: 3 min
Il nuovo shekel che non tintinna: Israele prepara il salto nel denaro digitale

E’ finita l’ora di teoria, ora tocca rimboccarsi le maniche. In Israele il dibattito sullo shekel digitale è infatti uscito dalla fase accademica ed è entrato in quella dei lavori preparatori seri. Non è ancora una decisione, ma non è più un’ipotesi teorica. Il governatore della Banca d’Israele, Amir Yaron, l’ha detto a chiare lettere durante una conferenza dedicata al futuro dei pagamenti: il Paese valuta davvero l’emissione di una valuta digitale di Stato, un CBDC, cioè una moneta elettronica garantita direttamente dalla banca centrale. Niente a che vedere con gli esperimenti privati e volatili dei vari stablecoin, che negli ultimi anni hanno conquistato una fetta crescente del mercato dei pagamenti digitali.

Yaron ha definito il punto con una franchezza rara: un CBDC sarebbe “un’obbligazione diretta della banca centrale, e quindi priva di rischio”. Esattamente l’opposto dei token privati ancorati al dollaro, che funzionano ormai come un servizio finanziario parallelo ma portano con sé fragilità strutturali: riserve insufficienti, garanzie spesso opache, vulnerabilità a ondate di riscatto improvvise e la tentazione – già vista altrove – di trasformarli in strumenti d’investimento mascherati. Il regolatore israeliano non vuole trovarsi a gestire un’altra “crisi delle criptovalute”, e sta fissando paletti chiari: prima supervisione dell’Autorità dei mercati finanziari, poi – qualora raggiungano una rilevanza sistemica – passaggio sotto il controllo diretto della banca centrale.

Il contesto in cui nasce questa accelerazione è quello di un sistema dei pagamenti che negli ultimi tre anni ha compiuto un salto di qualità. L’adozione degli standard internazionali ISO 20022 ha permesso una comunicazione più ricca tra istituzioni finanziarie; l’ingresso di nuovi operatori non bancari ha aumentato la concorrenza; la diffusione del protocollo EMV (dai pagamenti contactless ai POS di nuova generazione) ha reso la vita degli utenti più semplice; e l’introduzione dei pagamenti istantanei – un’infrastruttura già testata in alcune banche e destinata a espandersi – ha aperto la strada a una gestione del denaro più fluida.

Il quadro internazionale, poi, spinge verso una scelta. Secondo gli ultimi documenti della Banca d’Israele, quasi il 90 percento delle banche centrali nel mondo sta lavorando, in varie fasi, su una propria valuta digitale. L’Europa è in fase avanzata con l’euro digitale. La Cina ha già testato lo yuan elettronico. Gli Stati Uniti esitano, ma stanno preparando le basi normative. Per Israele, abituato a muoversi prima degli altri nei settori tecnologici, rimanere indietro non è un’opzione rassicurante.

L’obiettivo dichiarato è duplice: modernizzare i pagamenti e creare una piattaforma neutrale, pubblica, su cui il settore privato possa costruire servizi innovativi. Un CBDC potrebbe ridurre i costi delle transazioni, rafforzare la concorrenza, aumentare la resilienza del sistema finanziario e garantire continuità in scenari di crisi o cyber-attacchi. Non a caso, alcune fonti israeliane parlano già di possibili applicazioni “offline”, pensate per garantire scambi anche in caso di blackout prolungati delle reti.

Yaron, tuttavia, ha mantenuto un tono prudente: il progetto esiste, viene sviluppato, viene migliorato, ma la sua adozione dipenderà dalle condizioni del mercato, dai rischi concreti dei mezzi di pagamento privati e dall’evoluzione del quadro regolatorio internazionale.
Resta una certezza: lo shekel digitale non è più un fantasma da conferenza. È una moneta possibile, pronta a nascere se e quando Israele deciderà che il futuro – anche quello del denaro – non può essere lasciato nelle mani degli algoritmi privati.


Il nuovo shekel che non tintinna: Israele prepara il salto nel denaro digitale
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