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Il Libano promette il disarmo di Hezbollah, ma il tempo (e Israele) non aspettano

Shira Navon

Tempo di Lettura: 3 min
Il Libano promette il disarmo di Hezbollah, ma il tempo (e Israele) non aspettano

Speriamo che sia la volta buona, anche se molti ne dubitano. Il Libano giura di essere a un passo da un passaggio storico, e cioè il disarmo di Hezbollah a sud del fiume Litani. A dichiararlo è il primo ministro libanese Nawaf Salam, che parla di una prima fase ormai “a pochi giorni dal completamento”, in attuazione dell’accordo di cessate il fuoco con Israele mediato dagli Stati Uniti nel novembre 2024. Un annuncio che, sulla carta, risponde a una richiesta centrale dell’intesa ma che nella realtà lascia aperti più interrogativi di quanti ne chiuda.

Il piano, affidato all’esercito libanese con il sostegno di Washington, prevede il consolidamento del monopolio statale delle armi entro la fine del 2025. La prima tappa riguarda l’area a ridosso del confine israeliano, storicamente trasformata da Hezbollah in una piattaforma militare permanente. La seconda, ben più delicata, dovrebbe estendersi a nord del Litani, toccando il cuore del potere militare e logistico dell’organizzazione sciita.

Salam assicura che lo Stato è pronto a procedere. Ma Israele resta apertamente scettico. Gerusalemme contesta l’efficacia dell’esercito libanese e sottolinea come Hezbollah, in questi mesi, non abbia mai realmente accettato l’idea di deporre le armi. Al contrario, ha continuato a presentarsi come “resistenza”, rifiutando ogni ipotesi di smilitarizzazione finché Israele mantiene una presenza, seppur limitata, in cinque punti strategici lungo la frontiera.

Il clima resta teso. Dalla fine del cessate il fuoco, le accuse di violazioni sono state reciproche, ma Israele ha intensificato i raid contro obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano e, in alcuni casi, persino nei sobborghi di Beirut. Secondo l’IDF, si tratta di colpire operativi e infrastrutture che violano l’accordo; per Hezbollah, invece, è la prova che disarmarsi sarebbe un errore fatale.

Nel frattempo, Beirut è sottoposta a una pressione crescente. Non solo da parte di Israele, che ha avvertito che agirà “come necessario” se il Libano non rispetterà gli impegni, ma anche dagli Stati Uniti, dalla Francia e da attori regionali come l’Arabia Saudita. In un Paese segnato da fragilità istituzionale, crisi economica e fratture confessionali, il disarmo di Hezbollah non è solo una questione militare: è una sfida esistenziale allo status quo.

Il contesto spiega perché molti osservatori parlino di corsa contro il tempo. Il cessate il fuoco aveva un obiettivo preciso: permettere il ritorno di circa 60 mila israeliani sfollati dal nord del Paese dopo oltre un anno di attacchi missilistici iniziati l’8 ottobre 2023, all’indomani dell’assalto di Hamas in Israele. Per Gerusalemme, senza un reale smantellamento della minaccia di Hezbollah, quella sicurezza resta teorica.

Il Libano, oggi, promette, Israele osserva e colpisce e Hezbollah resiste. Tra annunci ufficiali e realtà sul terreno, la distanza rimane ampia e il rischio è che il “quasi completato” rivendicato da Beirut non sia sufficiente a evitare una nuova escalation.


Il Libano promette il disarmo di Hezbollah, ma il tempo (e Israele) non aspettano
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