Quello che è successo con Enzo Iacchetti è molto grave. Non parliamo di una battuta infelice, ma di parole che hanno trasformato la critica politica in demonizzazione di un intero popolo. L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha fatto bene a denunciare: non si può confondere la libertà di espressione con il diritto di alimentare pregiudizi che hanno già fatto troppi danni nella storia.
Il problema non è solo Iacchetti. Il problema è un sistema televisivo che continua a usare il conflitto israelo-palestinese come spettacolo da prime time, dove l’urlo vale più della memoria e lo slogan più della responsabilità. In questi talk show non si cerca la verità, si cerca lo scontro. E lo scontro, quando tocca temi come antisemitismo e guerra, diventa veleno.
Iacchetti ha scelto di ripetere tutto, di rivendicare il suo «Palestina libera» come se fosse un marchio di coraggio. Ma il coraggio non è urlare slogan davanti alle telecamere: il coraggio è distinguere tra critica politica e odio, tra pacifismo e antisemitismo. Questo, purtroppo, non è avvenuto.
La televisione italiana deve smettere di trasformare tragedie in arene gladiatorie. Non è intrattenimento, è irresponsabilità. E quando un comico diventa megafono di pregiudizi, la risata si spegne e resta solo l’amaro in bocca.
Il giullare pagherà, ma la corte?
Il giullare pagherà, ma la corte?

