C’è sempre quella magia nera che si compie fra le parole di un pontefice e la loro traduzione in prima pagina. Il papa dice una cosa, i giornali ne stampano un’altra, e zac: la realtà si piega come un cucchiaino nel numero del mago. È successo ancora. Su Corriere e Repubblica del primo dicembre campeggia il mantra: Israele non accetta i due Stati. Una condanna tombale, definitiva, scolpita nel marmo. Poi vai a leggere il testo vero, quello riferito con un minimo di precisione, e scopri che il papa ha detto: in questo momento Israele non accetta ancora quella soluzione. Che, detto senza giri di parole, è un altro pianeta.
E qui conviene ricordare la fastidiosa verità: Israele ha accettato la soluzione dei due Stati dal 1947. L’ha firmata, ripetuta, promossa, richiesta, riavviata ogni volta che qualcuno dall’altra parte mostrava anche solo un mezzo cenno. Ha ceduto territori, ha sgomberato insediamenti, ha messo sul tavolo più ipotesi di quante ne servissero. Risultato: niente. Sempre niente. Nel frattempo, l’altra parte ha spesso abbinato la parola “Stato” alla formula dal fiume al mare, che di due Stati non ne prevede nemmeno mezzo.
Poi è arrivato il 7 ottobre e, sorpresa, un Paese massacrato in casa sua forse non si sente proprio pronto a firmare con entusiasmo un accordo con chi gli ha appena decapitato i figli. Il “in questo momento” non è una chiusura teologica: è semplice buon senso. È la realtà nuda e cruda.
Ma i titoli no, quelli non contemplano la realtà. I titoli fanno catechismo. La verità, per chi ha voglia di guardarla, è banale: Israele i due Stati li ha accettati quando molti di questi titolisti non erano ancora nati. E il resto sono manipolazioni che non fanno informazione ma danni, sì, ne fanno. Continuano a farne. ?
Il gioco sporco dei titoli
Il gioco sporco dei titoli
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