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Il corpo delle donne come campo di battaglia: lo stupro come arma di Hamas

Tiziana Della Rocca

Tempo di Lettura: 3 min
Il corpo delle donne come campo di battaglia: lo stupro come arma di Hamas

Un nuovo rapporto completo e agghiacciante, pubblicato questa settimana da un team di massimi esperti legali e di genere israeliani – The Dinah Project – ha esposto e provato la verità che già molti di noi sospettavano: Hamas ha sistematicamente usato stupri e violenze sessuali come arma di guerra tattica durante il massacro del 7 ottobre, e successivamente anche sugli ostaggi.

Di questo rapporto si sta parlando ampiamente nei media di tutto il mondo; mi limiterò, quindi, ad aggiungere alcune considerazioni.

Leggendolo, emerge subito che l’arma dello stupro bellico, utilizzata in questo frangente – ma vale anche per altri scenari di guerra – non è un’arma come le altre, da impiegare contro il nemico per umiliarlo, punirlo, ferirlo o distruggerne la basilare umanità identificata nel corpo femminile. Rappresenta invece il fine stesso dell’azione bellica, il culmine della sua violenza, persino più dell’uccisione stessa del nemico.

La particolarità degli stupri accaduti il 7 ottobre è che si sono svolti in un breve arco di tempo, a dimostrazione che l’aggressione sessuale è stata messa in atto da Hamas come fosse l’azione essenziale per colpire il nemico al fine di distruggerlo. Il corpo delle donne è stato scelto, per l’ennesima volta, come teatro di guerra, per farne scempio, iscriverci sopra l’odio contro il popolo che si vuole abbattere – in questo caso, quello ebraico.

Lo stupro bellico, come si evince da queste pagine – i cui dettagli delle violenze sono davvero orripilanti – non è mai frutto di un eccesso di violenza o conseguenza dell’azione militare. È costitutivo dell’azione militare stessa; è, dunque, sempre intenzionale e sistematico.
La sopraffazione dell’uomo sul suo nemico si manifesta in primis sulle donne del nemico che si vuole schiacciare. Quella dell’uomo sulla donna è quindi la forma di violenza originaria, che precede tutte le altre forme di sopraffazione maschile.

Il fatto nuovo e senza precedenti è che a mettere in dubbio gli stupri del 7 ottobre siano state proprio quelle associazioni che si occupano di tutelare le donne da queste forme di violenza maschile. Per la prima volta, queste violenze sono state messe in discussione, in alcuni casi addirittura negate, oppure sminuite o giustificate come atto di resistenza, in nome della sofferenza del popolo palestinese, finito sotto i bombardamenti israeliani dopo il 7 ottobre.

La sofferenza del popolo palestinese, agli occhi di queste associazioni, ha oscurato, cancellato, come se fosse di ordine superiore, il supplizio inflitto deliberatamente alle donne israeliane da parte dei terroristi di Hamas.

Ma come ha dichiarato lo scrittore Edoardo Albinati in un suo intervento sugli stupri bellici: «Il 7 ottobre è stata confermata una triste legge che vede nelle donne il nemico numero uno, il bersaglio da colpire, il simbolo da abbattere a ogni costo, attraverso l’arma più efficace, lo stupro».
Da questa prospettiva puramente maschile, chi è il nemico? È colui le cui donne io mi dimostro capace di rapire e fare a pezzi; sono le madri, le sorelle, le figlie straziate, su cui far sventolare la bandiera della vittoria.


Il corpo delle donne come campo di battaglia: lo stupro come arma di Hamas
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