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Il conflitto in Terra santa: il capovolgimento della verità storica

“Dal Giordano al mare”: era il territorio della Palestina destinato agli ebrei

Scialom Bahbout

Tempo di Lettura: 7 min
Il conflitto in Terra santa: il capovolgimento della verità storica

Poche terre hanno subito i cambiamenti di popolazione come accadde per la terra d’Israele. In generale già la Bibbia narra che la terra di Kenaan era stata conquistata da popoli che avevano cancellato la presenza dei popoli precedenti. La Storia è fatta così e non ci si deve meravigliare se oggi i Normanni non sono più in Sicilia: altri popoli li hanno sostituiti. La Bibbia narra che lo stesso destino sarebbe toccato alla terra di Israele: Giosuè conquistò la terra che era stata promessa ai patriarchi, ma gli Assiri prima e i Babilonesi poi occuparono quei territori e deportarono l’élite e la parte “nobile” degli ebrei lasciando gran parte del popolo dedito all’agricoltura e ai lavori minori, portando in quelle terre altre popolazioni, apportando così una modificazione della cultura e delle tradizioni locali.

La conquista della terra di Kenaan, fatta da Giosuè fu di fatto cancellata dalle popolazioni che la conquistarono. Tuttavia, la realtà cambia quando Ciro il Grande, il Re di Persia che aveva conquistato Babilonia, riconosce che gli ebrei, seppure in cattività, continuavano a mantenere un legame ancora forte con la madre patria e consente loro di tornare a costruire il Tempio e a ricreare la società ebraica originaria. Fenomeni simili si crearono in altri casi, che tuttavia ebbero breve durata: il caso del popolo ebraico è anomalo perché in realtà il legame con Gerusalemme e la Terra d’Israele non si interruppe mai.

Gli ebrei furono in gran parte deportati, ma non cessarono mai di volere tornare alla loro terra: i mamelucchi, i Turchi, i crociati, gli inglesi, gli arabi colonizzarono il paese, ma non riuscirono mai a cancellare l’identità ebraica del posto: rimasero sempre e solo coloni. Anche noi italiani colonizzammo la Libia, la Somalia ecc. dove lasciammo certamente una traccia consistente del nostro passaggio, ma non riuscimmo mai a sostituire la popolazione locale.   

Tutti i popoli che hanno colonizzato la terra d’Israele non sono mai riusciti ad estirpare la radice ebraica del posto, anche se a rappresentare l’identità della popolazione originaria rimase solo la popolazione meno identificata. Questo vale anche per gli arabi e i turchi che vi abitarono per molti anni: ricordiamo che la Società delle Nazioni parla solo di Ebrei e di arabi. Tutta la polemica sul desiderio dei coloni ebrei di voler essere presenti ovunque nella Terra Santa è basata sul pregiudizio che gli ebrei siano i coloni: è chiaro che il ritorno degli ebrei in Terra Santa avrebbe creato dei problemi, specie se i “coloni” rappresentavano la parte più legata alla storia e alla tradizione degli ebrei che vi hanno abitato per secoli.

Perché per andare a cercare lavoro gli arabi arrivarono proprio in Terra Santa? Dal Sud i lavoratori, per creare il canale di Suez, erano sottoposti a un lavoro da neo-schiavisti, e al Nord, la Siria non offriva lavoro. Alla fine dell’Ottocento, nel suo pellegrinaggio in Terra Santa, Mark Twain trovò deserta quella terra, se si esclude le città sante per gli ebrei.

Il ritorno ebraico in Terra Santa avvenne in varie fasi: il primo grande ritorno avvenne dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna e dal Portogallo alla fine del 15° secolo: questo esodo creò migliori opportunità di lavoro, cosa che accade oggi con i migranti che lasciano l’Africa per venire in Europa a cercare lavoro. All’inizio del 16° secolo Donna Gracia Mendez, una marrana tornata all’ebraismo, dopo aver vagato per l’Europa senza trovare un rifugio sicuro e definitivo, chiese e ottenne dal Sultano di Istambul un territorio per creare quello che possiamo definire un primo embrione di Stato ebraico nella Galilea. La grandezza di Donna Gracia fu quella di investire parte delle sue ricchezze per creare lavoro in Galilea: fu così che, a parte gli ebrei, molti arabi si stabilirono in Galilea. Da allora aumentò il flusso di ebrei desiderosi di stabilirsi in Terra Santa.

Le persecuzioni in Europa orientale (ma anche in alcuni paesi arabi) spinsero gi ebrei ad organizzarsi e a tornare in Terra Santa: un grande gruppo di ebrei (e tra questi mio bisnonno) lasciò il Marocco alla fine dell’Ottocento per salire in Terra Santa dopo i massacri di Marrakech. L’ONU ha ricevuto in eredità le decisioni assunte dalla Società delle Nazioni e tra queste l’art. 95 del trattato di Sèvres secondo il quale il paragrafo 4 dell’art. 22 del Patto della Società delle Nazioni non si doveva applicare agli abitanti arabi che vivevano nell’area delineata dal Mandato per la Palestina, ma solo agli ebrei. Questo però non doveva pregiudicare i diritti civili e religiosi sia degli ebrei che non avessero vissuto in Palestina, sia i diritti civili e religiosi degli altri abitanti: questi in realtà erano sì arabi, ma in realtà o erano egiziani o siriani: e quindi non rientravano nel diritto proveniente dal Mandato.

Qualsiasi decisione viene oggi assunta deve tenere conto anche del passato e soprattutto il legame storico del popolo ebraico con la Palestina, presupposto per ricostruire la nazione ebraica in quel paese: questa la posizione espressa allora dal Consiglio della Lega delle Nazioni. Non si parla di uno stato arabo in Palestina e questo in quanto gli arabi erano per lo più egiziani o siriani. Quando la Società della Lega delle Nazioni si trasformò l’ONU accolse le decisioni assunte dalla Lega. Successivamente, dato che la Gran Bretagna aveva donato la Transgiordania agli Ashemiti, l’ONU approvò la famosa Risoluzione 181 che prevedeva la creazione di due Stati nel territorio rimasto. Tuttavia, gli Stati arabi non accettarono la Risoluzione e aggredirono ripetutamente lo Stato ebraico: gettando così nel cestino la Risoluzione 181 con la conseguenza che qualsiasi accordo oggi deve essere nuovamente ridiscusso. Non si può giocare troppo con le risoluzioni e non si può negare una storia bimillenaria.

Il rifiuto arabo al ritorno ebraico in Palestina è stato sempre totale, anche da parte di quelli che sono considerati moderati: l’obiettivo rimaneva e rimane la cancellazione di Israele, un altro genocidio dopo il primo fatto dai Nazisti, di cui il Gran Muftì era stato alleato.
Il rifiuto continuativo da parte degli arabi delle decisioni contenute nella 181 ha fatto scadere il valore legale di quella decisione: quindi niente stati per due popoli. lo scopo degli arabi rimaneva e rimane sempre l’eliminazione totale dell’esistenza politica, economia e militare e culturale degli ebrei in Palestina. Questa posizione è stata sostenuta sia dal Fatah (ANP) che da Hamas: il Jihad islamico (diremmo il genocidio) va applicato a Israele e ai suoi abitanti.

Non dimentichiamo che, nel progetto originario, la Palestina doveva comprendere anche le terre che si trovavano oltre il Giordano. La Gran Bretagna le donò agli Ashemiti, e pertanto per la Palestina rimase solo il territorio dal fiume Giordano al mare. Quindi da un punto di vista legale, considerando quanto deciso dalla Lega ed ereditato dall’ONU, l’espressione “dal fiume al mare” significa che tutto il territorio dal fiume Giordano al mare deve esser assegnato agli ebrei palestinesi.

Infatti, secondo quando decise l’Imperatore Adrano cambiando il nome di Giudea in Palestina, sono gli ebrei che erano in quel tempo gli unici abitanti della Palestina romana: una parte di questi ebrei e dei suoi discendenti sono l’unico popolo che abitò con continuità le terre delle Palestina, e dopo molti esili vi sono finalmente ritornati.


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