“Gaza, l’umiliazione del diritto”: è questo il titolo del convegno organizzato per il 1° ottobre, al Palazzo di Giustizia di Milano, da Magistratura Democratica e Area Democratica per la Giustizia.
Non è difficile immaginare quale piega prenderà l’evento. Il titolo stesso è un manifesto ideologico.
Il panel dei relatori non è da meno, a partire da Francesca Albanese, che con ogni probabilità porterà avanti le sue invettive contro Israele, rifiutando qualsiasi forma di confronto. Lo ha già dimostrato il 4 settembre scorso, al convegno organizzato dal CNF sullo stesso tema, quando dichiarò: «Io non sono una che si confronta con le opinioni. Io ormai ho scritto sei rapporti per le Nazioni Unite che sono frutto di inchieste che portano al centro del dibattito degli Stati i fatti, alla luce delle norme».
Un’idea di contraddittorio che ricorda più la celebre battuta del Marchese del Grillo («Io so’ io e voi… fatevene una ragione!») che il metodo giuridico. Perché mai, questa volta, dovrebbe cambiare postura? I “fatti” e le “norme” saranno quelli da lei selezionati, e alla fine arriverà la sentenza inappellabile: Israele colpevole di genocidio, di apartheid e di ogni nefandezza; il 7 ottobre ridotto a conseguenza delle politiche israeliane; Hamas trasformato da organizzazione terroristica in legittima autorità di governo a Gaza, con le sue azioni dipinte come resistenza eroica dei palestinesi oppressi.
Da altri relatori ci si potrà aspettare una voce diversa? È lecito dubitarne.
Da Chantal Meloni, che difende imputati palestinesi alla Corte Penale Internazionale e accusa sistematicamente Israele di ogni crimine?
O da Gad Lerner, che ha acquistato un’intera pagina su Repubblica per gridare «No alla pulizia etnica. L’Italia non sia complice» e ha sostenuto che «Shoah e Nakba sono sinonimi»?
Insomma, il coro sembra già scritto.
Ma il punto vero non sono i relatori: se li inviti, sai già cosa diranno. La questione riguarda chi ha organizzato questa iniziativa e il taglio che le ha dato. Sono due correnti minoritarie ma influenti della magistratura a promuoverla. Sono state loro a dare voce a quei relatori, a scegliere un titolo che è un verdetto già confezionato e, soprattutto, a collocare l’iniziativa nel Palazzo di Giustizia, evocando un’imparzialità che qui manca del tutto.
Ricordiamolo: ogni magistrato ha il dovere di essere, e di apparire, imparziale. La maggioranza lo è sempre. Una minoranza no, non in questa circostanza. E ciò è grave, perché le tesi di relatori come l’Albanese – che parlano apertamente di genocidio e apartheid e legittimano Hamas – rischiano di diventare cassa di risonanza dell’odio antisemita. Un odio che si traduce nei fatti: ebrei aggrediti per le strade, cacciati da ristoranti, insultati nei luoghi di vacanza. Episodi che la legge italiana sanziona, e che paradossalmente potrebbero finire proprio davanti a quei magistrati che oggi promuovono il convegno.
Con quale credibilità questi giudici potrebbero presentarsi come terzi e imparziali?
Ecco allora la proposta, fatta con spirito collaborativo. Magistratura Democratica e Area Democratica per la Giustizia organizzino un altro convegno, dal titolo “Il diritto di Israele ad esistere”, invitando anche voci israeliane, magari persino critiche verso Netanyahu, ma garantendo un vero contraddittorio, quello che mette a confronto opinioni diverse e dà pari dignità di pensiero a tutti. Sarebbe l’occasione per dimostrare che non ci sono pregiudizi, ma la volontà di stimolare il dubbio: quel dubbio che è cosa sana, perché opposto alle verità precostituite, troppo simili a quelle di tempi che nessuno vorrebbe rivedere.
È legittimo richiederlo. Ed è buon senso accettare l’invito, per salvaguardare la credibilità dell’intera Istituzione della Magistratura.
Il caso del convegno su Gaza al Palazzo di Giustizia: quando la magistratura progressista dimentica l’imparzialità (e come potrebbe recuperarla)
Il caso del convegno su Gaza al Palazzo di Giustizia: quando la magistratura progressista dimentica l’imparzialità (e come potrebbe recuperarla)