Non bastavano le violenze verbali (e non solo) delle solite manifestazioni pro-pal. Ora, quelle piazze hanno trovato una sponda in talune istituzioni pubbliche, che hanno tradotto i loro slogan in atti amministrativi.
È cominciata l’era dei boicottaggi istituzionali contro Israele.
A dare il via è stata la Regione Puglia, seguita, a macchia d’olio, da altre Regioni e vari Comuni d’Italia. Sia pure con diverse sfumature, sono state approvate mozioni e atti di indirizzo per interrompere ogni forma di collaborazione con il governo israeliano, ma anche con le università e le imprese israeliane. In alcuni casi si arriva a colpire persino soggetti «riconducibili» al mondo israeliano (e chi sarebbero? Tutti coloro, ebrei e non ebrei, che per idee, posizioni o interessi sono ritenuti vicini a Israele?).
Talvolta si è scritto che il boicottaggio può subire un’eccezione per chi sia «apertamente e dichiaratamente motivato dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro dei palestinesi». Siamo arrivati al ravvedimento operoso? Prendi le distanze da Israele e sarai perdonato?
La motivazione di questi atti è praticamente sempre la stessa: la narrazione corrente sul «genocidio» compiuto da Israele a Gaza e sul blocco degli aiuti umanitari imposto di proposito per affamare la popolazione civile.
E siccome a qualcuno potrebbe venire in mente che ci sia una certa dose di antisemitismo in tutto ciò, si precisa che di antisemitismo non si tratta: d’altronde, molti ebrei già dissentono dalle politiche di Netanyahu.
Al più, è antisionismo. Ma si tratta della «versione 2.0» dell’antisemitismo: una versione che, va bene, è moralmente accettabile e lascia le coscienze tranquille perché, nella solita propaganda pro-pal, significa combattere Israele, definito uno Stato occupante e genocida.
L’ultimo capitolo, cronaca di questi giorni, è il preannunciato passaggio dalle intenzioni ai fatti.
Il Comune di Sesto Fiorentino ha attuato il primo boicottaggio istituzionale italiano diretto contro imprese israeliane del settore farmaceutico e parafarmaceutico.
Israele è ritenuta colpevole delle sofferenze della popolazione civile palestinese; quindi, chiunque provenga da quel Paese, anche se è un’impresa privata che nulla ha a che fare con il governo, è complice di ciò che accade a Gaza. Perciò merita di essere boicottato.
Dal primo luglio, in questo comune italiano, i farmaci provenienti da aziende israeliane non verranno più offerti al pubblico, a meno di una prescrizione specifica del medico o di una richiesta esplicita dell’utente. La richiesta, tuttavia, verrà scoraggiata dal personale, ricorrendo a «campagne informative» che – stando a quanto appare sul sito della società delle farmacie comunali – saranno la riproposizione delle solite argomentazioni pro-pal.
I parafarmaci e gli integratori prodotti da aziende israeliane, invece, non saranno più trattati commercialmente né resi disponibili all’utenza.
Non serve un raffinato giurista per capire che questi atti presentano profili di dubbia legittimità.
Sono discriminatori nei confronti di ebrei e israeliani – inutile girarci attorno.
Invadono la competenza esclusiva dello Stato in politica estera.
Sono incoerenti rispetto alle finalità dichiarate (che c’entrano le aziende con le azioni di un governo?).
Violano ogni regola posta a presidio della concorrenza.
Sono fondati su presupposti arbitrari: al di là della legittima critica politica al governo israeliano, chi ha stabilito che a Gaza sia in corso un genocidio? Esiste un qualche provvedimento di condanna definitivo contro lo Stato di Israele o contro i suoi governanti? Non lo sono certo i mandati della CPI, né i report di Francesca Albanese.
Nel caso di Sesto Fiorentino, inoltre, si incide sui diritti dei consumatori a un’informazione corretta e alla libera scelta di un prodotto farmaceutico. E si rischia pure di arrecare danni alle casse comunali, per via delle «campagne informative» che li accompagneranno: campagne che avranno senz’altro un costo e saranno fondate su presupposti ideologici, non scientifici.
Al di là di ciò che diranno Tribunali e Autorità competenti, se e quando saranno interpellati, non si può non vedere la pericolosità di simili iniziative, soprattutto se promosse da istituzioni pubbliche.
Con il boicottaggio delle imprese – cioè di chi niente c’entra con le scelte dei propri governanti – si è superata l’ennesima linea rossa: quella del «tutti colpevoli, perché israeliani».
Quale sarà il prossimo capitolo?
Oggi un boicottaggio che evoca momenti oscuri della storia.
Domani, chissà. Al peggio, non c’è limite.
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