In un recente tweet, Pierfrancesco Majorino, figura di spicco del partito democratico milanese e secondo qualche voce, possibile candidato alla carica di sindaco, ha scritto, riguardo alle posizioni proprie e del proprio partito sulla tragedia di Gaza, di essere “dalla parte giusta” condannando solo l’esercito israeliano come unico responsabile di questo dramma senza fine.
Nessuno può sottrarsi oggi all’indignazione per quello che sta subendo la popolazione civile di quella martoriata terra, ma per essere “dalla parte giusta” non unita alla presunzione così diffusa di avere una superiorità morale che in realtà negli ultimi decenni sempre meno esponenti politici avrebbero potuto sottolineare di avere, sarebbe necessario oltre che provare orrore per le decine di migliaia di vittime, dire la verità, entrare nel merito, contribuire alla diffusione della conoscenza dei fatti.
Chi si ritiene così moralmente superiore raramente in Italia cita, nella tragedia dei gazawi, le colpe di Hamas, i rischi di lasciare dilagare l’integralismo islamico in quell’area del mondo, la complicità dei paesi arabi che hanno fornito denaro e supporto militare ai terroristi, l’ambiguità di molti stati confinanti che non solo non hanno mai voluto affrontare il dramma palestinese, ma che quando ce ne sarebbe stata l’occasione hanno combattuto l’idea di uno stato palestinese pur di non riconoscere quella di uno stato ebraico.
Le semplificazioni a cui questa sinistra “dalla parte giusta” si abbandona, così come il loro silenzio di fronte ad altri e documentati “genocidi” dell’epoca contemporanea è moralmente discutibile.
Se il maggior partito di opposizione italiano invece di battersi non solo per una tregua, ma anche per una soluzione pacifica e duratura si limita ad amplificare la posizione dell’estremismo propal, non aiuta la causa dei palestinesi. Se gran parte degli esponenti del partito democratico si limitano alla condanna delle azioni militari dell’esercito israeliano ma tralasciano l’altra metà della storia e cioè quella che riguarda la corresponsabilità di Hamas fin dall’inizio in questa immane strage, offendono la verità e allontanano qualunque possibilità di comprensione della situazione attuale.
Oggi le proteste propal si identificano con una guerra antisistema, anti-governo, anti-tutto e, pur di cavalcare questo variegato mondo che si ritrova nelle piazze – spesso sventolando le bandiere degli stessi terroristi islamici e bruciando quelle di Israele – la sinistra italiana mette il suo cappello su iniziative e linguaggi che non hanno nulla a che fare con la proposta di un percorso di pace e tantomeno con la costituzione di uno stato palestinese.
Il Presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen ha definito “figli di cani” i terroristi di Hamas che dominano da oltre vent’anni a Gaza e ha preso da loro distanze molto nette. Lui sì. Ma non i nostri politici così moralmente superiori che chiedono la messa al bando dei prodotti israeliani, ma non di escludere il Qatar, principale alleato di Hamas fin dal 7 ottobre 2023 in funzione anti-saudita e solo recentemente travestito da mediatore, dagli investimenti nel nostro paese che sono copiosi e redditizi. Sono state messe sanzioni pesanti e condivisibili, seppure abbastanza poco efficaci sui fondi russi. Qualcuno ha mai proposto di mettere sanzioni sugli alleati del terrorismo islamico? Qualcuno ha mai proposto di rendere off limit l’accesso in Europa o in Italia dei leader iraniani principali fomentatori di Hamas e di Hezbollah? No, perché questa superiorità morale che la sinistra si attribuisce non solo in questa vicenda, ma che rappresenta uno degli atteggiamenti meno convincenti che si possono trovare per una forza che vorrebbe tornare a governare il paese, non comprende un’analisi rotonda dei fatti mediorientali. Sarebbe troppo faticoso, sarebbe troppo rischioso: quanto è più facile stare zitti e complici di fronte alla discriminazione alla quale sono sottoposti gli studenti ebrei nelle nostre università, alla crescita di manifestazioni antisemite per sentirsi dalla parte giusta della storia e moralmente assolti oltre che confortati da chi in fondo trova assolutamente normale che nelle mappe di gran parte dei paesi fortemente islamici lo Stato di Israele semplicemente non esista.