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I soldi, Hamas e le anime belle

L’inchiesta Hannoun e le responsabilità politiche di una sinistra che preferisce non sapere.

Paolo Forcellini

Tempo di Lettura: 6 min
I soldi, Hamas e le anime belle

L’arresto di Mohammad Hannoun e di altri militanti palestinesi accusati di aver finanziato Hamas, nonché il sequestro di un bel pacco di milioni, impone una riflessione sui rapporti fra una parte delle forze politiche italiane di sinistra e l’organizzazione terrorista. Non penso affatto che i sostenitori italiani dei tagliagole palestinesi siano stuoli numerosi e soprattutto non ritengo affatto che la maggioranza di chi partecipa alle “collette” per Gaza sia consapevole che quei fondi finiscono in buona parte nelle casse dell’organizzazione politico-militare sunnita e fondamentalista. Coloro che i quattrini li raccolgono e li fanno arrivare ai terroristi palestinesi, avvalendosi dei canali privilegiati riservati alle organizzazioni assistenziali (che tali si dichiarano), quelli sì che sanno bene in quali tasche finiscono quegli “aiuti” e a quali acquisti sono destinati (armi, salari per le truppe terroriste e ricche prebende per i loro capi). Tanto per fare un esempio: non era uomo di Hamas ma era un terrorista quel sant’uomo di Arafat che, com’è noto, se n’è andato lasciando alla figlia “rifugiata” (ben lontano da Gaza) una fortuna stimata in 8 miliardi di dollari.

Nella sinistra italiana – Pd, pentastellati, Avs – abbondano i pro-Pal. Credo che solo un’esigua minoranza di loro siano consapevoli fiancheggiatori dei terroristi islamisti. Perlopiù sono “anime belle”, convinte di schierarsi con i deboli palestinesi contro i forti e ricchi israeliani, sicure che le loro raccolte di fondi servano a sfamare i gazawi, a curare i bambini, ecc. La colpa di una buona parte dei dirigenti della sinistra italica è di non avere aperto gli occhi a questo suo popolo di ingenui Candide. La colpa è di aver accettato di partecipare e/o promuovere manifestazioni, petizioni, discorsi all’insegna della parola “genocidio”, termine del tutto inappropriato e anacronistico, con tutto quel che ne consegue, fino all’assurdo paragone tra la Germania nazista e Israele. La colpa è di aver dimenticato in tutta fretta l’orrore di quant’è accaduto il 7 ottobre. La colpa è di aver accettato la più che sospetta contabilità delle vittime palestinesi fornita da Hamas, puntando il dito accusatore su Israele e non denunciando i terroristi responsabili della guerra. I quali ultimi, ragionieri del delitto, hanno scelto di capitalizzare i morti palestinesi ai loro fini anziché alzare la bandiera bianca della resa qualche decina di migliaia di morti fa. La colpa è di quei leader politici che o non conoscono (colpa grave) o fanno finta di non conoscere (colpa gravissima) la storia di quella martoriata regione, delle varie guerre scatenate (e perse) dai paesi arabi contro Israele. Di quei dirigenti della sinistra che non conoscono o fingono di non conoscere la storia e il significato di sionismo, che forse non sanno che in un lontano passato erano gli ebrei a chiamarsi palestinesi, che non spiegano agli accoliti il significato della Dichiarazione Balfour, che non raccontano la storia della guida “spirituale” degli islamici palestinesi negli anni ’30 del secolo scorso, Amin al-Husayni, grande amico di Hitler e sostenitore dello sterminio degli ebrei, innanzitutto e soprattutto dei bambini ebrei. Eccetera, eccetera.

Lasciamo la storia con la S maiuscola e occupiamoci di una questione più terra-terra, quella portata in primo piano dall’inchiesta scoppiata in questi giorni sui finanziamenti ad Hamas. Gli accusati e i loro difensori, legali e politici, si trincerano dietro l’argomento che i pacchi di contanti trovati dagli inquirenti erano destinati agli aiuti umanitari per la popolazione di Gaza. Anche su questo terreno i pro-Pal trovano comprensione in alcuni settori della sinistra. Ebbene, pure questa tesi non è vera. Le controprove sono numerose.
Già da lungo tempo, ad esempio, il periodico Linkiesta pubblica articoli riguardanti Hannoun, i suoi legami con Hamas, le sue raccolte di “beneficenza”.

Solo pochissimi giorni dopo il 7 ottobre un leader di Hamas ha chiamato a raccolta i sostenitori dell’organizzazione in tutto il mondo in nome della “financial Jihad”, la guerra santa finanziaria. Una massiccia raccolta di fondi che risulta abbia avuto un notevole successo. A cosa servisse la campagna mondiale di fundraising è facile immaginarlo, tenuto conto che l’invito è giunto solo tre giorni dopo l’Operazione Diluvio. Ma già da ben prima del 7 ottobre vi erano state numerose segnalazioni di governi occidentali, dagli USA alla Germania all’Austria, circa l’invio di somme milionarie (ogni mese) a Gaza. Numerosi esempi di questi traffici finanziari che hanno avuto come destinazione Hamas sono contenuti in un articolo di due giovani studiosi americani (il riferimento è a “Cutting Off Hamas’s European Fundraising Spigot” di Michel Jacobson e Matthew Lewitt).

Secondo alcune stime, Hamas incassa, da fonti diverse, fra i 500 milioni e il miliardo di dollari annui. Soldi che arrivano dalle gabelle sulla modesta attività economica nella Striscia ma soprattutto sugli aiuti internazionali, UE inclusa. In primo luogo ci sono i finanziamenti dell’Iran degli Ayatollah e da alcuni paesi del Golfo, stimati un quarto di miliardo. Poi ci sono le raccolte di denaro nei paesi occidentali organizzate da filo Hamas. Altro discorso sono i cospicui fondi di agenzie come l’UNRWA dell’ONU su cui in qualche misura Hamas esercita un parziale controllo. È arcinoto che buona parte dei capitali servono a pagare armi e guerriglieri, senza contare la costruzione dei molti chilometri di tunnel sotterranei in cemento armato che sono serviti ai tagliagole come rifugi, prigioni e vie di fuga durante l’offensiva israeliana, mentre in superficie i civili gazawi erano condannati ad essere vittime sacrificali.

Non credo servano altre cifre. La sinistra “comprensiva”, che agita la bandiera degli aiuti, dovrebbe chiedersi, soprattutto dopo la vicenda Hannoun, che fine hanno fatto i molti soldi giunti a Gaza da quando Hamas ha preso il potere (2006). Si stima si tratti in tutto di alcune decine di miliardi di dollari, utilizzati in gran parte per spese militari.

Mi paiono la migliore conclusione di questi appunti le parole contenute in un recente articolo di Mattia Feltri: «Perché da decenni il popolo più finanziato dal soccorso internazionale vive nell’indigenza più squallida? Davvero continuiamo a raccontarci che questo sia aiutare i palestinesi, senza sospettare di essere artefici della loro schiavitù?»

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.


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