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⌥ I ‘partigiani’ con lo Zar di tutte le Russie

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C’è una coerenza, va riconosciuta. Sempre la stessa. Difendere lo zar mentre bombarda un paese sovrano, minimizzare l’aggressione russa all’Ucraina come fosse un dettaglio, parlare di “contesto”, di “provocazioni”, di “complessità”. Poi, senza battere ciglio, trasformarsi nei più inflessibili moralisti quando Israele reagisce a un massacro, a stupri, a rapimenti, a una guerra che non ha scelto ma che subisce.

È successo a Napoli. Ed è successo perché questi ambienti funzionano così: si convocano convegni rassicuranti, ci si parla addosso, si stabilisce chi può fare domande e chi no, e quando qualcuno prova a rompere il copione – pacificamente – diventa un problema. Non un interlocutore. Un intruso.

Il punto non è Putin. Il punto è l’istinto. Stare sempre dalla parte sbagliata della storia, quella che giustifica gli imperi quando sparano e accusa le democrazie quando si difendono. L’ANPI che chiude gli occhi su Mariupol e li spalanca su Gaza non è un paradosso, ma semmai è una scelta politica, culturale e morale.

E però c’è una notizia migliore di tutte. Questi signori non parlano più nel vuoto. Qualcuno entra nelle loro sale, mostra una bandiera, fa una domanda, rompe il silenzio educato. È poco, ma è reale. E da lì si riparte. Perché c’è molto da fare, sì. E finalmente qualcuno ha ricominciato a farlo.


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