I parlamentari italiani come Napoleone in Egitto

Apprendiamo che i parlamentari italiani sono stati i primi a imbarcarsi su un aereo per tornare in Italia. Un trattamento di favore rispetto agli altri concittadini. Sarebbe stato certamente più dignitoso da parte loro attendere di conoscere il destino di quella parte di elettorato – che pure rappresentano – imbarcatasi con loro, e poi lasciare il luogo per ultimi, come si confà al capitano simbolico di una missione simbolica di una flottiglia simbolica. A meno che a comandare non fossero altri.

Ma non lo hanno fatto. Si dirà che siano corsi in Italia per relazionare sulle angherie e le brutalità subite durante l’abbordaggio e in seguito, ma ne dubitiamo. I collegamenti tra gli avvenimenti della flottiglia e le opposizioni in Italia ci sembrano talmente sincronizzati che, a poche ore di distanza, tutte le principali piazze del Paese erano già in subbuglio. Si mormora infatti che, al terzo TIR di mozzarelle bloccato in tangenziale, Netanyahu abbia avuto un cedimento di nervi, decidendo di lasciarli tutti liberi.

Eppure, un commento, un’intervista, una parola dei parlamentari sarebbe potuta arrivare in Italia anche mentre vegliavano sull’incolumità dei «prigionieri» italiani. Ma niente.

Napoleone in Egitto fece più o meno la stessa cosa: partì con un esercito per una campagna-show, ma dopo qualche vittoria – a causa del blocco navale inglese e di un po’ di cialtronaggine francese – fu costretto ad abbandonare in fretta e furia i suoi uomini e filarsela di nuovo in Francia, come una vera élite rivoluzionaria sa fare. Lui però lo fece anche perché, subito dopo, organizzò in breve tempo il colpo di Stato del 18 Brumaio, che pose fine al regime del Direttorio.

Forse, data l’agitazione delle piazze, il battage dei media pro-pal e la mobilitazione dei sindacati, speravano di fare lo stesso?

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