Home > Esprit du Temps > I deepfake infiltrano Israele: quando la truffa prende volto umano

I deepfake infiltrano Israele: quando la truffa prende volto umano

Shira Navon

Tempo di Lettura: 3 min
I deepfake infiltrano Israele: quando la truffa prende volto umano

Quando si pensava di aver toccato l’apice dell’illusione digitale con le voci clonate, la videochiamata in tempo reale è diventata la nuova frontiera dell’usurpazione d’identità. In Israele l’ondata è tale che il vecchio motto «vedere per credere» non regge più.

Secondo i dati diffusi dalla Direzione nazionale per la cybersicurezza, i casi di truffe che combinano imitazione facciale e clonazione vocale sono aumentati del 118% nel 2024, con 250 episodi segnalati in un anno. A essere colpiti non sono solo i volti noti, ma anche professionisti di fiducia: dirigenti, medici, avvocati, persino funzionari bancari.

L’episodio più emblematico resta quello di un manager che, convinto di trovarsi davanti ai suoi superiori durante una videochiamata, ha trasferito milioni di dollari seguendo gli “ordini” di ologrammi digitali. Un altro caso recente ha visto circolare deepfake di personalità israeliane usati per manipolare il mercato azionario: un’operazione di pump-and-dump orchestrata con volti e voci sintetiche, capace di gonfiare artificialmente un titolo prima del crollo. Qui la truffa non è più un episodio isolato, ma un meccanismo che intreccia finanza, politica e criminalità.

Le ragioni di questa esposizione sono precise: Israele è un polo globale di tecnologia e cybersicurezza, con un tessuto fitto di startup, centri di ricerca e un costante livello di tensione geopolitica. Le istituzioni e le aziende hanno digitalizzato molti processi critici, aumentando al tempo stesso la superficie d’attacco. In un contesto dove spionaggio e guerra ibrida fanno parte della realtà quotidiana, strumenti come i deepfake diventano armi strategiche: possono infiltrare riunioni interne, carpire dati sensibili, preparare attacchi più vasti.

Il danno economico è evidente, ma la minaccia più grave riguarda la fiducia. Se chiunque può presentarsi con un volto e una voce perfettamente imitati, il legame elementare tra identità e immagine si spezza. Non è più sufficiente «mostrare il volto» per dimostrare chi si è. La conseguenza è un’erosione progressiva della credibilità digitale: incontri di lavoro, consulenze legali, perfino una semplice chiamata con il proprio medico rischiano di trasformarsi in una messinscena.

Le contromisure suggerite finora sembrano artigianali: chiedere al proprio interlocutore di compiere un gesto improvviso, osservare micro-scarti nel movimento degli occhi e delle labbra, notare i tempi di reazione. Accorgimenti utili, ma destinati a perdere efficacia man mano che i software si perfezionano. La risposta vera non può che muoversi su più fronti: sviluppare tecnologie di autenticazione digitale più solide, creare sistemi di intelligenza artificiale capaci di smascherare in tempo reale ciò che altre intelligenze artificiali generano e diffondere una cultura della vigilanza che renda amministratori, professionisti e cittadini consapevoli del rischio.

L’infiltrazione dei deepfake in Israele non è un’anomalia, ma l’avanguardia di un fenomeno globale. Il volto umano, per secoli considerato garanzia ultima di autenticità, oggi vacilla. Se «vedere» non basta più a credere, bisognerà reinventare le basi stesse della fiducia.


I deepfake infiltrano Israele: quando la truffa prende volto umano I deepfake infiltrano Israele: quando la truffa prende volto umano