L’Italia è un grande Paese Mediterraneo ed una posizione geografica molto peculiare, al centro del Mare Nostrum. Nessun’altra nazione europea ha una così forte dipendenza strategica dal bacino del Mediterraneo. Le altre potenze che si affacciano sul bacino del Mediterraneo come Turchia, Francia e Spagna hanno uno sbocco al mare alternativo: l’Italia no.
Questa forte dipendenza strategica si fa sentire in questa fase di cambiamento degli assetti geopolitici che si manifesta attraverso i fenomeni di seguito descritti e che suggerisce al nostro Paese una politica di alleanza e stretto coordinamento con Israele.
L’Italia nel caos mediterraneo e medio-orientale
L’Italia assiste da qualche anno ad un parziale disimpegno degli Stati Uniti dall’area. Gli USA sono il nostro più importante alleato, proprietario di asset militari fondamentali per la difesa della Penisola e vedono al momento qualsiasi impegno in Europa o nel Mediterraneo come una distrazione dal loro focus strategico principale che è il contenimento della Cina nel Pacifico.
Gli attacchi degli Houti nello YEMEN al traffico marittimo destinato ad attraversare il Canale di Suez pongono una minaccia fondamentale alle rotte commerciali attraverso Suez, Bab al Mandab e Hormuz, arteria vitale per l’import-export italiano. Il commercio estero è infatti asset fondamentale della nostra economia, priva di risorse naturali e materie prima e fortemente dipendente dalle sue capacità di produrre ed esportare: l’Italia è la seconda potenza industriale d’Europa e il quinto paese esportatore al Mondo.
Le mire espansionistiche della Turchia sul Mediterraneo e sui Balcani minacciano in particolare Libia ed Albania, tradizionali aree di proiezione d’influenza per l’Italia.
La presenza minacciosa della Marina russa a largo delle coste italiane, da Taranto allo stretto di Sicilia fino alla Sardegna esercitano pressione sulla Marina militare.
La pressione migratoria incontrollata sottopone le forze dell’ordine a notevole pressione, soprattutto in conseguenza dell’afflusso sregolato in Italia di migliaia di giovani maschi musulmani in età militare, che tendono a radicalizzarsi nelle periferie delle nostre città.
Infine, l’annoso tema delle Zone Economiche Esclusive in cui è stato diviso il Mediterraneo e su cui l’Italia è messa alle strette anche da potenze emergenti come l’Algeria.
L’Italia in Medio Oriente e la comunanza di interessi con Israele
Fenomeni che, se messi in fila, evidenziano tre esigenze fondamentali per il nostro Paese:
– l’urgenza per l’Italia di definire e comunicare alla popolazione una chiara strategia nazionale e di dotarsi in fretta dei mezzi diplomatici e militari – per perseguirla nell’alveo dell’alleanza con gli Stati Uniti;
– la capacità di muoversi con maggiore efficacia in Medio-Oriente;
– affiancare Israele su molte di queste partite perché esiste una chiara coincidenza di interessi.
In questo quadro quindi per l’Italia la partnership con Israele, in quanto democrazia liberale capace di esprimere forza militare e conoscenza della regione, diventa strategica.
Le sfide comuni sono molteplici:
– Il contenimento dell’espansionismo turco nel Mediterraneo che rimette in discussione il sistema esistente delle Zone Economiche Esclusive, interviene da un lato nelle aree italiane di influenza e dall’altro proietta Ankara come potenza protettrice del popolo palestinese in virtù della comune fede islamica e del passato Ottomano nella regione. Il peso economico di Roma nel Mediterraneo, nettamente superiore a quelle della Turchia di Erdogan, può giocare un ruolo per indurre Ankara a più miti consigli sia nel Mediterraneo che nel suo rapporto a tratti di esplicita ostilità nei confronti di Gerusalemme;
– diventa fondamentale, inoltre, per l’Italia, se vuole giocare un ruolo attivo nel Medio Oriente, favorire gli accordi ai Abramo tra Israele e le Petromonarchie arabe. Israele è infatti un’economia che può legare a se specialmente i paesi arabi “moderati” a partire dalle petromonarchie del Golfo. Queste, infatti, temono l’indebolimento della presenza americana nell’area e vedono in Gerusalemme un possibile protettore militare dalle politiche espansive dell’Iran ed una fonte di preziosa innovazione tecnologica per le loro forze armate e le loro economie (ricche ma eccessivamente dipendenti dalla rendita petrolifera).
Tali accordi rafforzano quindi il ruolo di Israele come elemento di stabilità e roccaforte occidentale in Medio Oriente e garantiscono alle Petromonarchie una prospettiva di modernizzazione e sicurezza. In questo contesto Roma ha tutto l’interesse, la credibilità ed il peso economico per incentivare l’Arabia Saudita del Principe riformatore Muhammad Bin a rafforzare gli accordi con Gerusalemme. L’Italia, infatti, figura tra i maggiori investitori nell’avveniristico progetto saudita della megalopoli del futuro fondata sulle tecnologie smart city (NEOM): We Build (ex Salini Impregilo) Leonardo e Fincantieri investono miliardi in Arabia e gestiscono commesse strategiche per l’ammodernamento delle infrastrutture saudite;
– l’Italia, infine, con il porto di Trieste è la candidata naturale a rappresentare il casello di uscita della “Via del Cotone”, progetto infrastrutturale che gli USA vorrebbero contrapporre alla “Via della Seta” di marca cinese e che connetterebbe l’India alla Germania passando da Haifa e dal porto giuliano.
La solidità dei rapporti economici e tecnologici bilaterali
A queste sfide si aggiungono i rapporti economici bilaterali solidi ed in gran parte orientati al rafforzamento della sicurezza reciproca verso comuni nemici.
Nonostante la tensione geopolitica nell’area, infatti, il valore bilaterale dell’interscambio ha raggiunto i 4,3 miliardi di Euro, posizionando l’Italia al terzo posto tra i maggiori partner commerciali di Israele dopo Germania e Olanda.
Particolarmente rilevanti per l’Italia sono le verticali energia, agritech, cybersecurity, scienze della vita, intelligenza artificiale e tecnologie aerospaziali.
I rapporti bilaterali a livello tecnologico sono regolati dall’”Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica Italia – Israele” che prevede la realizzazione di progetti congiunti di ricerca tra i due Paesi nei settori dell’agritech, delle tecnologie idriche, del trattamento delle acque di scarto, degli strumenti ottici di precisione e delle tecnologie quantistiche.
Sul fronte agritech le tecnologie israeliane per il risparmio idrico interessano all’Italia specie per fare fronte alla scarsità d’acqua nelle sue regioni meridionali.
In ambito militare gli accordi esistenti prevedono anche lo scambio di tecnologie e le possibilità per l’industria italiana di attingere all’ecosistema innovativo israeliano in un’ottica di open innovation e di aumento dell’intensità tecnologica delle nostre produzioni militari e aerospaziali.
In modo particolare la partnership italo-israeliana nel campo della cybersecurity è una delle più significative in ambito mediterraneo. La collaborazione nacque nel 1986 a fronte dell’aumentato rischio di attentati da parte del terrorismo arabo che portò i due Paesi a condividere intelligence ed a coordinarsi in azioni repressive contro il terrorismo. Nel 2022 ha luogo il primo incontro tra i vertici delle due agenzie nazionali per la cybersecurity e nel 2023 l’italiana Leonardo ha lanciato in Israele un programma di open innovation teso allo scouting di startup israeliane in ambito cyber. Dal 2023 entrambi i Paesi sono stati fatti oggetto di attacchi da parte di russi e iraniani che hanno spostato le priorità sulla protezione delle infrastrutture critiche.
L’Italia fa inoltre parte del Global Security Cabinet istituito da Israele e fa parte dell’esercizio “Collective strenght” lanciato da Israele per simulare attacchi contro istituti finanziari.
Il fronte dell’approvvigionamento energetico è rilevante per i rapporti tra i due Paesi, in considerazione del fatto che l’Italia, alla luce dell’interruzione delle forniture russe di gas, intende, tramite ENI, giocare un ruolo di hub energetico importando gas liquefatto dal Mediterraneo orientale, dove opera Israele. Quest’ultimo dal 2016 è riuscito a svincolarsi dall’importazione di idrocarburi proprio grazie all’importante attività estrattiva di gas naturale dai suoi giacimenti off shore.
L’Italia deve fare i conti con la sua opinione pubblica
Tuttavia, per l’Italia si tratta di una scelta geopolitica non facile perché rompe con la tradizione “equilibrista” del Bel Paese tesa a mantenere buoni rapporti con tutti i Paesi dell’area, pesando sempre le parole spese in favore di Israele.
L’Italia, inoltre, fino alle sanzioni della prima amministrazione Trump, ha sempre tenuto aperto un canale di comunicazione e di scambi economici con Teheran, in una misura sicuramente rilevante per un Paese NATO.
La posizione italiana durante la crisi di Gaza che si è rivelata più atlantista e filoisraeliana di molti altri Paesi europei, mette il Governo di Roma in netta rotta di collisione con una fetta importante della sua opinione pubblica.
Questa, infatti, non solo è abituata a prese di posizione equilibriste del Governo e poco assertive rispetto agli interessi nazionali, ma si è in gran parte formata in un clima culturale ostile agli Stati Uniti, all’Occidente e talvolta apertamente filorusso, filoiraniano e filopalestinese.
Tuttavia, se l’Italia vuole crescere anche geopoliticamente, la scelta di campo pro-Israele appare non solo utile ma anche giusta eticamente, visto il vile attacco su 7 fronti cui è stato sottoposto Israele.
La difesa dell’alleato israeliano coincide infatti, come abbiamo visto con alcuni interessi fondamentali dell’Italia e con la ricerca della stabilità nel Mare Nostrum, precondizione della prosperità della Penisola.
I comuni interessi di due potenze mediterranee: il possibile asse Roma – Gerusalemme
I comuni interessi di due potenze mediterranee: il possibile asse Roma – Gerusalemme

