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⌥ I beati dell’equilibrio

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Nel nuovo fragile dopoguerra, la Chiesa cattolica riscopre la sua antica vocazione all’equidistanza morale. Il cardinale Pizzaballa chiede una “nuova leadership” per israeliani e palestinesi, dimenticando un dettaglio banale: in Israele si vota, nei Territori no da vent’anni. Ma si sa, la simmetria è la liturgia preferita dei neutri di professione.

Il segretario di Stato Parolin, invece, continua a non trovare una sola parola di compassione per gli ostaggi israeliani. In compenso, rivendica il valore delle gite ai campi di sterminio. Magari con truppe cammellate che sventolano bandierine di Hamas e si commuovono al momento giusto, per tornare poi a spiegare che “anche i palestinesi soffrono”.

E poi arrivano i ma-però: “Certo, Hamas andava disarmato, ma…”. Quel “ma” è la tomba della decenza, il requiem dell’onestà.
Così gli indecenti tornano in scena, vestiti da pacificatori, col tono grave di chi pretende di benedire l’orrore purché resti equamente distribuito.

Il miracolo è servito: hanno trasformato la neutralità in complicità, e la vergogna in dottrina.


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