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Hamas gioca con il buonismo ignorante dell’Occidente

Costanza Esclapon

Tempo di Lettura: 3 min
Hamas gioca con il buonismo ignorante dell’Occidente

La guerra mediatica che, fin dal primo momento, Hamas ha condotto nei confronti di Israele, con l’obiettivo di impostare e portare avanti una falsa narrazione degli eventi, ha mietuto vittime anche eccellenti in Occidente.

I primi sono stati gli abitanti dei social: quelli che, alla lettura di un buon libro, preferiscono scorrere compulsivamente i post, mettendo like e cuoricini a destra e a manca, e che rientrano nella categoria dei “molto permeabili”. Qui Hamas ha agito creando account che hanno propinato atrocità di ogni genere, spesso prese da altri conflitti in giro per il mondo, in particolare dalla Siria.

I secondi a cadere sono stati i rappresentanti dei movimenti LGBTQ+, che, per qualche inspiegabile motivo, hanno pensato fosse giusto schierarsi con chi ha sterminato i gay a Gaza, invece che con chi organizza uno dei gay pride più antichi e importanti al mondo.

Poi sono arrivati gli influencer, le vere macchine da social, che hanno capito di poter raccogliere follower e simpatia pubblicando commenti pro-Palestina a casaccio, seguiti subito da molti politici che, pur di racimolare consenso, hanno preferito schierarsi con i jihadisti piuttosto che con l’unica democrazia del Medio Oriente.

Poi i cantanti, che dai palchi si sono messi a sventolare bandiere palestinesi con scritte “Free Gaza”. Lo hanno fatto ballando e cantando, come ballavano e cantavano – loro sì, davvero pacifisti – i ragazzi del Nova Festival, ai quali nessuno oggi osa rivolgere nemmeno un pensiero.

Infine, il capolavoro: i sindacati, che indicono scioperi dei trasporti e, tra le rivendicazioni, chiedono “la liberazione della Palestina”.

Come questo influisca sul contratto di lavoro e sulla condizione dei lavoratori è abbastanza incomprensibile, ma magari lo spiegheranno.

E come dimenticare l’ANPI, che ormai, senza vergogna, arriva a sostenere tesi che farebbero rivoltare nella tomba quelli che partigiani lo sono stati davvero.

Chiariamolo dunque: la bandiera della Palestina non è la bandiera della pace e non ne è sinonimo. E scandire “Free Palestine” ha un significato tutt’altro che pacifico. Esporla durante un concerto, pensando di fare un bel gesto di solidarietà, come hanno fatto recentemente Elodie ed Elisa, è di un pressappochismo sconcertante.

Ma Hamas gioca sul buonismo ignorante dell’Occidente. Sui nullasenzienti da tastiera.

Oggi, per poter parlare di Medio Oriente – o anche solo per fare la telecronaca della parata del 2 giugno – bisogna esordire dicendo che si condanna ciò che sta accadendo a Gaza e che si auspica la creazione di due Stati. Solo dopo aver espletato questo rito si può passare alla trattazione dell’argomento.

La “premessa su Gaza” è diventata necessaria per poter parlare, in pubblico o in privato. E ora anche per scioperare.


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