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Guardia Svizzera, accuse di gesto antisemita durante i 60 anni di Nostra aetate

Rosa Davanzo

Tempo di Lettura: 4 min
Guardia Svizzera, accuse di gesto antisemita durante i 60 anni di Nostra aetate

Doveva essere un evento di riconciliazione tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane e invece rischia di trasformarsi in un caso. Durante la celebrazione per il 60° anniversario della “Nostra aetate” si sarebbe verificato un episodio che getta un’ombra sul simbolismo della giornata. Il 29 ottobre, all’ingresso laterale di Piazza San Pietro, due donne ebree — la scrittrice e regista israeliana Michal Govrin e la professoressa belga Vivian Liska — parte di una delegazione internazionale, denunciano di essere state oggetto di un gesto e di un insulto presumibilmente compiuti da un membro della Guardia Svizzera Pontificia.

Secondo alcune testimonianze, l’agente avrebbe pronunciato le parole «les juifs» con tono sprezzante e, a seguito della protesta delle due donne, avrebbe compiuto un gesto simile allo sputo nella loro direzione.

La Guardia Svizzera ha confermato di aver avviato un’indagine interna “in conformità con le procedure stabilite” per i casi in cui un membro dell’unità è coinvolto in comportamenti contenziosi. Il portavoce, caporale Eliah Cinotti, ha dichiarato che «il servizio deve sempre essere svolto con la massima professionalità» e che la Guardia «si distanzia completamente da ogni forma di antisemitismo». La Santa Sede, in una prima ricostruzione, ha fatto sapere che «sono stati identificati elementi che sono stati interpretati come connotazioni antisemite».

Colpisce la coincidenza tra contesto ed episodio. La giornata era dedicata a riaffermare il valore della dichiarazione conciliare del 1965, che ridefinì la relazione della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane e, in particolare, con il popolo ebraico. Paradossale, dunque, che mentre il pontefice neoletto, Papa Leo XIV, pronunciava parole di condanna dell’antisemitismo, proprio all’ingresso di partecipanti ebrei si sarebbe consumata — se confermata — una manifestazione di disprezzo. Alla vigilia dell’udienza, il Papa aveva ricordato che «non si può dimenticare che il primo focus della Nostra aetate è stato verso il mondo ebraico».

«Ci siamo reciprocamente guardate sotto shock», ha raccontato Govrin, figlia di sopravvissuti alla Shoah. L’episodio ha turbato una partecipazione dal forte valore simbolico. Liska, intervistata successivamente, ha riferito che l’agente avrebbe dapprima intimato «no photo», poi mormorato «juifs» e infine compiuto il gesto. Un responsabile avrebbe chiesto scusa, preannunciando verifiche sui filmati. Secondo le autorità della Guardia Svizzera, però, le immagini non documenterebbero con chiarezza la frase, poiché l’agente avrebbe parlato «come se parlasse a se stesso, a bassa voce».

Da questo caso emergono almeno due questioni. La prima è la coerenza istituzionale: se l’evento vuole essere un segnale forte di dialogo e rispetto, un fatto del genere ne mina la credibilità. La seconda riguarda il profilo disciplinare e culturale: la Guardia Svizzera — fondata nel 1506 — è tra le immagini pubbliche più visibili del Vaticano; i suoi membri sono tenuti a standard elevati non solo di decoro, ma anche di sensibilità istituzionale.

Resta una domanda: si tratta di un incidente isolato o del sintomo di una sensibilità carente in un corpo che dovrebbe vigilare, anche internamente, contro comportamenti discriminatori? L’indagine interna è lo strumento previsto, ma l’attesa è per esiti trasparenti: tempistiche, modalità e sanzioni dovrebbero essere comunicati. In caso contrario, l’episodio rischia di restare sospeso, lasciando un’ombra inquieta.

Per la comunità ebraica e per chi è giunto a Roma con la speranza di un segnale di pace e memoria, quanto accaduto a Govrin e Liska ha lasciato amarezza. È un monito per l’organizzazione vaticana: la simbologia non basta. Serve che, nelle pieghe operative — accoglienza, sicurezza, controllo —, sia radicata una cultura del rispetto capace di impedire che gesti ostili incrinino la ritualità del dialogo.


Guardia Svizzera, accuse di gesto antisemita durante i 60 anni di Nostra aetate
Guardia Svizzera, accuse di gesto antisemita durante i 60 anni di Nostra aetate