Per anni avete dovuto ingoiare il rospo, stringere i denti, camuffarvi perché l’antisemitismo era cosa disdicevole, rozza, socialmente inaccettabile. Una macchia troppo evidente perfino per voi. Così avete imparato a mimetizzarvi dietro a sorrisi da educati progressisti, lacrime da farmacia alle Giornate della Memoria, un libro sull’Olocausto sul comodino a fare da lasciapassare morale.
Poi è arrivato il 7 ottobre 2023. E prima ancora che partisse la reazione israeliana con la determinazione a eliminare dalla faccia della terra quei mostri che hanno sgozzato, stuprato, fatto a pezzi e bruciato uomini e donne, bambini e vecchi, vi siete dati il via libera.
Fin dall’8 ottobre avete cominciato a vomitare l’odio che avete succhiato dal seno materno e covato per decenni. E, impiegati dell’odio quali siete, lo avete fatto con zelo. Avete riversato bile, vi siete travestiti da militanti indignati, avete sventolato bandiere come trofei.
Ora potete ruttare a tavola, e vi applaudono pure. I salotti vi ospitano, i circoli vi premiano. Il vostro mondo vi guarda e annuisce, mentre stracciate ogni residuo, se mai c’è stato, di decenza.
Non avete ideali, solo fame di consenso. Vi basta l’applauso del follower, del professore compiacente, del conduttore in cerca di share.
Codardi.
Sempre pronti a schierarvi dalla parte giusta – quella affollata. Fate mestieri diversi, ma avete una sola professione: l’odio contro gli ebrei. Scrittori blasonati che si inchinano pur di strappare una comparsata televisiva in più. Registi e attori osannati che fingono impegno mentre mungono il sistema che li pasce. Accademici con l’indignazione a gettone. Moralisti col piede in due staffe.
E poi i frustrati, i mediocri, gli sfaccendati con la bava alla bocca: quelli che non contano nulla, ma che sognano di contare. E che si accodano, docili, alla mandria.
Siete ovunque. In redazioni, università, studi televisivi, festival, parrocchie, sindacati. Vi esibite nei cortei dove si inneggia alla Palestina e a bruciare Israele.
La verità è che dei palestinesi a voi non ve ne importa un beneamato cazzo. Li usate come pretesto. Come carne da indignazione.
Perché disprezzate anche loro, ritenendoli indegni di libertà, incapaci di progresso, geneticamente estranei alla civiltà.
I palestinesi avrebbero potuto avere uno Stato dal 1947 ma hanno sempre detto no, a suon di attentati e carneficine. I loro leader non hanno mai voluto ‘due popoli due Stati’. Hanno detto no nel 1947, nel 2000, nel 2008, nel 2014, ieri, oggi.
La loro speranza – folle, inutile, suicidaria – era e resta una sola: cancellare Israele. Spazzarlo via. Eliminare ogni ebreo, ogni ebrea dalla faccia della terra. Questa è la loro idea di pace.
Falliranno. Hanno già fallito.
Gli ebrei, a differenza loro, uno Stato ce l’hanno. E questo vi manda ai pazzi.
Sventolate la bandiera palestinese come fosse la nuova foglia di fico. Ma sappiamo tutti cosa nasconde: la vostra ossessione. Israele. L’ebreo collettivo. L’ebreo che ha osato difendersi, armarsi, vincere guerre, creare futuro, produrre scienza, cultura, cinema, comunità. L’ebreo che ha osato non chiedervi il permesso.
Intellettuali d’occasione, psicanalisti più malati dei pazienti che pretendono di curare, femministe mute davanti alle donne ebree violentate. Gay occidentali che marciano per regimi che li impiccherebbero al primo palo. Trans in lotta per il bagno neutro ma in silenzio quando quelli o quelle come loro a Gaza verrebbero torturati e torturate dagli za‘īm locali, boss opulenti e impuniti.
E voi, docenti, magistrati, funzionari, giornalisti, artisti, attivisti: tutti inquadrati, ordinati, complici. Avete uno sconcio pedigree di odio lungo generazioni. Nonni, padri, zie in camicetta rossa o nera. Sempre con lo stesso pallino: l’ebreo.
E ora che l’ebreo ha un passaporto con scritto “Israele”, lo odiate ancora di più.
Oggi però c’è una novità che non riuscite a digerire: gli ebrei non sono disposti a subire. Non sono disposti a inginocchiarsi. Non si fanno cacciare dalle vostre università andandosene a testa bassa, dai vostri festival con la morale a ore, dai vostri dibattiti truccati, dalle vostre accademie, dai vostri giornali.
Non si fanno pestare nei vostri autogrill senza reagire. Non sono disposti a farsi insaponare.
Lo so che vi dispiace.
Fino a ieri eravate tutti in grande spolvero quando si trattava di ricordarli morti, trucidati, annientanti.
E ora come si permettono? Come osano evocare la Shoah? Quando la finiranno di rimproverarvi le vostre efferatezze e quelle dei vostri genitori e progenitori?
Eppoi, continuate petulanti e in assoluta malafede, non fanno errori anche loro?
Certo che ne fanno. E alcuni anche gravi.
Come succede in tutti i Paesi liberi. Come succede in tutti gli eserciti che combattono per difendere la propria gente.
Ma hanno uno Stato. Una patria. Un esercito. Un futuro. Hanno leggi. Hanno partiti. Hanno una democrazia che, per quanto imperfetta come ogni democrazia, è la cosa migliore che gli esseri umani abbiano mai inventato per vivere insieme.
E non lasceranno tutto ciò in pasto a voi e ai vostri amici.
E sapete perché?
Perché non vi temono più.
E noi, che ebrei non siamo, siamo fieri di stare con loro. Di stare con Israele. Un Paese che fa miracoli e sbagli, ma che non delega la propria sopravvivenza a nessuno.
Se i veri democratici, se i veri amanti della libertà in Occidente avessero davvero voluto fermare la guerra a Gaza, avrebbero dovuto unirsi fin dalla prima ora a Israele. Esigere la liberazione degli ostaggi. Pretendere la resa incondizionata di Hamas. Chiedere a una leadership palestinese degna di questo nome di governare Gaza, dopo che ne è stata cacciata a calci e a colpi di mitra dai tagliagole, con il sostegno attivo o passivo di una popolazione che ha scelto i suoi carnefici.
E pretendere che i Paesi arabi esercitassero pressione in questa direzione.
Cosa che – ironia della storia – alcuni di quei regimi autoritari hanno fatto senza la vostra sollecitazione e più di quanto abbiano fatto i vostri gruppi “pacifisti” di Roma, Parigi, Londra, Madrid, Atene e New York.
Ma voi no. Voi avete preferito stare zitti. O peggio: tifare Hamas. Avete trasformato la loro propaganda in vangelo. Avete preso per buone le cifre dei terroristi, rilanciandole senza una verifica, senza un dubbio, senza vergogna.
E i media?
Servili, come spesso sono pur di vendere una copia in più, pur di ottenere un altro clic al loro sito, pur di assecondare il loro pubblico. Hanno raccolto e amplificato ogni bugia.
Del resto c’è poco da stupirsi. Il flusso di denaro qatarino continua a finanziare la disinformazione, nutrendola con euro, dollari, oro, passaporti, contratti. Una rete globale in cui i complici indossano cravatte, scrivono editoriali e firmerebbero volentieri il prossimo editto di esclusione. Le prossime leggi razziali.
Voi, intanto, siete rimasti avvelenati dall’invidia, soffocati da frustrazioni eterne, drogati dalle vostre indignazioni a peso morto. Con i vostri “mai più” riciclati fino al prossimo applauso, alla prossima carriera, al prossimo festival.
Siete già pronti a mettervi in fila, ad abbassare il capino in segno di raccoglimento davanti alle lapidi, a guardare con commossa deferenza le pietre dell’inciampo. Per poi raccontare che ne avete salvato almeno uno. Che avete letto Primo Levi. Che avete amici ebrei.
Ma sappiatelo: le maschere sono cadute. Non vi copriranno più. Il trucco è finito. La vostra vergogna – quella sì – resterà per sempre.
Gli impiegati dell’odio
Gli impiegati dell’odio