Certo che uno ha gli amici che si merita. Ma vale anche al contrario: gli amici rivelano sempre chi sei, soprattutto quando iniziano a fare finta di non averti mai conosciuto.
Ora che Hannoun è nei guai veri, quelli che lasciano il segno e non si risolvono con un comunicato imbarazzato, la compagnia si è improvvisamente diradata. Quelli che fino a ieri lo accoglievano, lo omaggiavano, lo invitavano nelle sedi istituzionali, lo presentavano come interlocutore, come voce “utile”, come figura da ascoltare, oggi scoprono all’improvviso di non sapere chi sia, che l’hanno incontrato per caso, che era uno che passava, amico di amici ma per carità niente a che fare con lui. Un’amnesia selettiva degna della migliore tradizione. Altro che garantismo: qui siamo alla sparizione per convenienza, alla rimozione rapida, al rinnegamento in versione laica e opportunista.
E fa sorridere amaramente che questo personaggio, che noi di Setteottobre avevamo raccontato e inquadrato con precisione già un paio d’anni fa, in un rapporto che all’epoca trovò spazio persino sul Corriere della Sera (che però oggi dimentica di averlo pubblicato), oggi venga trattato come un imprevisto, un incidente di percorso, quasi una sfortunata sorpresa. Allora se ne parlava. Oggi, improvvisamente, ci si è dimenticati tutto. O forse ci si vergogna.
Paradossalmente, questo tipo poco raccomandabile finisce persino per farci un po’ di pena. Solo un po’. Non per quello che è, ma per lo spettacolo che gli ruota attorno: la fila di ex amici che fanno un passo indietro, poi due, poi scompaiono del tutto. Sempre pronti a salire sul carro, sempre prontissimi a scendere quando il carro prende una ruota o addirittura fuoco.
La lezione, se mai servisse, è sempre la stessa. I personaggi passano. Le responsabilità restano. E prima o poi presentano il conto, anche a chi oggi finge di non aver mai stretto quella mano.
Gli amici cari
Gli amici cari
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