ESCLUSIVO
di Natalia Lisbona (c) Daily Mail
Traduzione dall’inglese a cura di Nicoletta Ferragni
Vestito con abiti da bambola: così inizia il racconto straziante di una vittima maschile di aggressione sessuale. E ad esso vanno aggiunte le nuove rivelazioni secondo cui una giovane ragazza è stata costretta a compiere un atto sessuale sul suo rapitore di Hamas sotto la doccia evidenziano le crescenti testimonianze che emergono dagli ostaggi stuprati a Gaza.
Ho seguito questo conflitto per il Daily Mail dal primo giorno, sul campo dal 7 ottobre. Per tutto quel tempo, gli ostaggi sono stati tenuti interamente in balia dei loro rapitori a Gaza, alcuni in isolamento in tunnel bui. E proprio quando sembra che la brutalità di Hamas abbia raggiunto il suo limite, nuovi racconti rivelano profondità di depravazione ancora maggiori.
Due anni fa, quando i terroristi hanno fatto irruzione al confine israeliano, trascinando dai loro letti pacifici kibbutznik e attaccando i giovani partecipanti al festival musicale Nova, sono emerse testimonianze di violenze sessuali e torture. Questi resoconti sono stati presentati alle Nazioni Unite, che hanno documentato numerosi casi di abuso.
Ho parlato con sopravvissuti traumatizzati del Nova che mi hanno raccontato che, mentre si nascondevano nei cespugli o fingevano di essere morti, sentivano donne che venivano stuprate. Un resoconto presentato dall’Associazione dei Centri Antiviolenza in Israele descriveva una donna che veniva violentata da un gruppo, alla quale veniva tagliato il seno con un taglierino mentre i terroristi si alternavano su di lei.
«Le hanno gettato il seno per terra», ha detto un testimone, aggiungendo che dopo ci hanno giocato «come un giocattolo».
Dal medesimo festival, un giovane mi ha raccontato con grande coraggio di essere stato violentato da diversi terroristi.
Ero tra un piccolo gruppo di giornalisti a cui sono stati mostrati filmati e fotografie censurati, riprese all’indomani del massacro al quartier generale dell’intelligence israeliana. Le immagini erano macabre: a donne erano stati inseriti violentemente oggetti nella zona inguinale, ed era impossibile dire cosa fossero. Un proiettile? Un chiodo? Ma le foto mi hanno fatto rimettere.
Tra le foto c’era l’immagine di una donna in ciò che restava di un vestito nero – il suo corpo senza vita contorto, la sua dignità strappata via, completamente esposta, con una grossa ferita sulla coscia. È un’immagine che non dimenticherò mai. Molte delle donne brutalizzate quel giorno non potranno mai testimoniare, perché non sono sopravvissute.
Due anni dopo, le ferite di Israele sono ancora fresche, aperte e, a volte, suppuranti.
Mercoledì, Aviva Siegal, 62 anni, rapita da Hamas il 7 ottobre insieme al marito Keith, 65 anni, dal kibbutz Kfar Aza, ha parlato davanti al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (UNCAT) a Ginevra.
Ha raccontato atti di aggressione sessuale commessi da Hamas, tra cui quelli ai danni di un’ostaggio di 16 anni: «Sono testimone del fatto che una delle ragazze che era con noi, un terrorista di Hamas è venuto in bagno, le ha detto di spogliarsi, è entrato nella doccia con lei e l’ha costretta a praticargli sesso orale. E lei ha dovuto anche sorridere dopo averlo fatto.»
«Sono testimone di una delle ragazze a cui è stato imposto di fare la doccia. Ha 16 anni, non ha mai mostrato il suo corpo a nessuno, il terrorista di Hamas è rimasto lì a fissarla e sorridere.»
«Un giorno, una delle ragazze è andata in bagno e, quando è tornata, stava tremando. È giovane… e dopo un po’ ci ha detto che un terrorista di Hamas le aveva toccato tutto il corpo e fatto quello che voleva. Era così spaventata perché le aveva detto che, se avesse detto qualcosa, l’avrebbe uccisa.»
A gennaio 2024, Siegal ha testimoniato che alcune delle ostaggi venivano vestite per il depravato piacere dei loro rapitori. «I terroristi portano abiti inappropriati, abiti per bambole, e trasformano le ragazze nelle loro bambole. Bambole appese a un filo con cui puoi fare quello che vuoi, quando vuoi.»
Siegal, che è stata rilasciata nel primo accordo di cessate il fuoco dopo 51 giorni, mentre suo marito è rimasto prigioniero per 484 giorni, ha anche affermato che anche gli ostaggi maschi erano vittime. «E si deve dire che i ragazzi vivono quello che vivono le ragazze. Non rimangono incinti, ma sono anche loro marionette appese a un filo», ha detto al Parlamento israeliano.
Keith ha testimoniato alla stessa udienza, mercoledì, di essere stato costretto a spogliarsi davanti ai suoi rapitori mentre gli radevano il corpo: «I nostri rapitori confrontavano le mie parti del corpo con quelle di un altro ostaggio, ci minacciavano con coltelli, lasciandoci implorare di poter andare in bagno.»
Il dottor Itai Pessach, che ha curato un quarto di tutti gli ostaggi al loro ritorno al centro medico Sheba di Tel Aviv, non ha discusso casi specifici per timore di identificare involontariamente le vittime, ma ha sottolineato la portata della violenza sessuale: «Quasi il cinquanta per cento di loro aveva subito gravi aggressioni sessuali», ha detto.
«E come lo definisci? Essere osservati nudi mentre si fa il bagno e costretti a vestirsi davanti a più uomini? Per me, anche questo conta come aggressione. Pertanto, la cifra potrebbe essere molto più alta», ha detto al Daily Mail.
La settimana scorsa, il Daily Mail ha dato la notizia esclusiva a livello mondiale che Rom Braslavsky, 21 anni, ha descritto violenze sessuali durante i suoi due anni di prigionia, durante i quali è stato torturato, spogliato nudo e maltrattato. «È violenza sessuale, e il suo scopo principale era umiliarmi. L’obiettivo era schiacciare la mia dignità, ed è esattamente quello che ha fatto», ha detto Braslavsky al programma Hazinor di Channel 13. «Mi è difficile parlare proprio di quella parte. Non mi piace parlarne.»
Era la prima volta che un ostaggio maschio si esprimeva pubblicamente. Ha anche descritto altri metodi di tortura, come pietre infilate nelle orecchie e percosse quotidiane mentre i suoi rapitori ridevano.
Amit Sousanna, 40 anni, è stata la prima ex ostaggio a parlare pubblicamente. Ha raccontato come è stata trascinata dalla sua casa nel kibbutz Kfar Aza da dieci uomini e poi sottoposta ad atti sessuali sotto la minaccia delle armi durante la prigionia.
Ilana Gritzewsky, 30 anni, rapita dal kibbutz Nir Oz, ha raccontato di aver perso conoscenza durante il rapimento dopo essere stata aggredita sessualmente. Quando si è ripresa a Gaza, si è trovata mezzi nuda e circondata da sette uomini, che si sono irritati quando si sono resi conto che aveva le mestruazioni.
Dafna Elkayim, 15 anni, ha testimoniato a maggio che il suo rapitore l’aveva minacciata di unirsi a lei sotto la doccia, aveva detto che l’avrebbe sposata e l’aveva toccata in modo inappropriato. È stata rapita insieme alla sorella minore di otto anni, Ela, dopo che il padre e la matrigna sono stati uccisi.
Un rapporto presentato dal Ministero della Salute israeliano l’anno scorso ha dichiarato che i rapitori di Hamas hanno costretto due minori a compiere atti sessuali l’una con l’altra, li hanno obbligati a spogliarsi davanti a loro, hanno toccato le loro parti intime e li hanno frustati ai genitali.
Le stesse due ex ostaggi hanno riferito di essere state legate e picchiate per tutta la durata della loro prigionia, con cicatrici e segni coerenti con il trauma.
Gli esperti avvertono che probabilmente esistono molti altri casi di accanimento sessuale e stupro tra gli ostaggi rilasciati che non sono stati denunciati, poiché i sopravvissuti spesso tacciono a causa della vergogna e dello stigma.
Gli specialisti in cure del trauma sottolineano che le vittime hanno bisogno di tempo, sicurezza e supporto psicologico prima di poter iniziare a parlare di ciò che è accaduto loro – se mai sceglieranno di farlo.
«C’è anche il fatto che molti degli ostaggi hanno vissuto esperienze così orribili da averne rimosso gran parte», dice il dottor Pessach.
Dopo tutto ciò che questi uomini e queste donne hanno sopportato negli ultimi due anni, c’è almeno una consolazione nel sapere che – se lo sceglieranno – è possibile che parlino, ricevano un aiuto reale e inizino a ricostruire.
Ma i miei pensieri tornano ai palestinesi che hanno trascorso gli ultimi 19 anni vivendo sotto il dominio del terrore di Hamas e a tutte le storie di abuso che non potranno mai condividere.
Gli abusi sessuali di Hamas sui sequestrati israeliani.
Gli abusi sessuali di Hamas sui sequestrati israeliani.

