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Giordania, nelle scuole torna il fantasma antisemita

Paolo Montesi

Tempo di Lettura: 3 min
Giordania, nelle scuole torna il fantasma antisemita

Rinascono i fantasmi laddove dovrebbe crescere un cittadino. Pochi giorni dopo l’attacco al valico di Allenby, in cui sono stati uccisi due soldati israeliani, Yitzhak Harosh e Oran Hershko, un nuovo studio in inglese documenta il salto all’indietro dell’istruzione pubblica in Giordania: libri di testo che assolvono la violenza anti-israeliana, cancellano l’Olocausto e ridipingono la pace del 1994 come una zavorra. Un incidente tutt’altro che marginale, che rivela come la scuola giordana si presenti oggi come fabbrica di risentimento.

La revisione più ampia riguarda 294 manuali del curriculum 2023-2025. Nelle pagine compaiono stereotipi antiebraici d’antan, Israele sostituita da “Palestina” sulle carte geografiche e la definizione dello Stato ebraico come progetto «coloniale» e «razzista». Il trattato di pace tra Amman e Gerusalemme, firmato il 26 ottobre 1994 e che normalizzò i rapporti, viene descritto come una concessione amara. L’Olocausto? Mai avvenuto. Non una svista, ma una scelta deliberata.

Rivelatore il passaggio sul 7 ottobre: un testo di Educazione civica di decima classe “contestualizza” l’attacco come risposta all’«oppressione israeliana», definisce «coloni» gli ostaggi e lascia intendere che fossero obiettivi legittimi. Jihad e “martirio” sono presentati come dovere e ideale. La retorica della morte premiata — «una morte che fa infuriare il nemico» — torna ad assumere valore educativo. Il meccanismo è sempre lo stesso: nobilitare la violenza come virtù.

C’è di peggio: guide per insegnanti e capitoli di storia ripropongono il tema della «slealtà ebraica» come tratto costante, con la vecchia accusa di tradimento. Invece di educare, si addestra le nuove generazioni giordane al sospetto. La pace con Israele diventa così un accidente imbarazzante, più che un patrimonio.

Intanto il regno hashemita riattiva la leva obbligatoria. Dal 2026 tre mesi di servizio, prima tornata di 6.000 giovani, con l’obiettivo dichiarato di rinsaldare identità e disciplina. Nulla di scandaloso, in sé. Ma se identità e disciplina arrivano dopo anni di lezioni che trasformano il vicino di casa in un usurpatore e la strage in “contesto”, il cerchio educativo si chiude nel punto sbagliato. Così emerge la contraddizione di una monarchia che resta alleata dell’Occidente e in pace con Israele, ma prepara i propri alunni al contrario. La scuola non riflette la politica estera: la sabota.

E quando al valico di Allenby un autista giordano apre il fuoco e due militari israeliani muoiono, la domanda è inevitabile: quanti anni di manuali hanno reso quella scena più plausibile, più giustificabile, più “comprensibile” agli occhi di chi guarda?

A nulla serve scandalizzarsi a posteriori. Occorrerebbe invece pretendere riforme verificabili, pagina per pagina. I donatori internazionali che finanziano l’istruzione in Giordania hanno leve reali: standard Unesco chiari, audit indipendenti, ritiro dei materiali che legittimano la violenza, reinserimento della Shoah nei programmi, presenza onesta di Israele nelle carte e nei capitoli. Non è censura, ma igiene civile. Il resto è una pedagogia dell’odio che, prima o poi, presenta il conto in strada.


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