La notizia arriva da Berlino nel giorno di Yom Kippur. Tre uomini — due cittadini tedeschi e un libanese — sono stati arrestati con un arsenale che comprendeva un kalashnikov, pistole e centinaia di munizioni. Non si trattava di traffici criminali comuni: secondo la procura federale tedesca, i tre erano operativi di Hamas e stavano preparando attentati contro obiettivi ebraici e israeliani. L’operazione è stata condotta dai servizi tedeschi con l’assistenza diretta del Mossad, che da settimane collabora in Europa per smantellare le infrastrutture clandestine del movimento islamista.
Gli arresti sono avvenuti in contemporanea in diversi quartieri di Berlino, dopo settimane di sorveglianza serrata. I sospetti erano seguiti giorno e notte. La polizia tedesca li ha osservati incontrarsi in appartamenti di periferia, scambiarsi borse sospette e muoversi verso depositi nascosti. Nella perquisizione sono state trovate anche mappe di edifici e luoghi di culto ebraici, telefoni criptati e documenti falsi. Secondo gli inquirenti, la cellula era già nella fase avanzata della preparazione e avrebbe potuto agire in tempi rapidi, scegliendo date simboliche per massimizzare l’impatto degli attentati. Il fatto che l’operazione sia scattata proprio durante Yom Kippur conferma che gli agenti temevano un’azione imminente.
Non è un caso isolato. Negli ultimi mesi più di una volta le forze di sicurezza hanno scoperto depositi d’armi, centri di raccolta fondi e cellule dormienti pronte a passare all’azione. La Germania considera Hamas un’organizzazione terroristica e lo tiene sotto osservazione da anni. L’ondata di violenza del 7 ottobre 2023 e la guerra che ne è seguita hanno solo accelerato l’attività di sorveglianza. Quella che si è appena chiusa non è un’operazione da laboratorio: è stata un’azione sul campo, con pedinamenti, scambi notturni, tentativi di contrabbando e un’irruzione che ha evitato il peggio.
Il quadro che emerge è chiaro: Hamas non è confinato a Gaza ma ha ramificazioni in Europa, sfrutta la diaspora, usa associazioni e fondazioni come copertura, muove soldi e armi. Non servono strutture mastodontiche: bastano piccoli nuclei, persone integrate da anni, un magazzino in periferia, un canale criptato. Il salto da rete passiva a cellula operativa può avvenire in poche ore, e senza che nessuno se ne accorga.
In Italia il rischio non è teorico. Nel nostro Paese si sono già viste manifestazioni di piazza che, sotto le insegne del pacifismo, hanno sdoganato simboli e parole d’ordine di Hamas. C’è chi ha alzato bandiere verdi, chi ha gridato slogan di sostegno ai massacri del 7 ottobre, chi ha giustificato l’uso della violenza come «resistenza». Tutto questo crea un terreno propizio a chi vuole muoversi sotto traccia. Non significa che ogni corteo sia una centrale terroristica, ma che le ambiguità diventano copertura — e Hamas sa benissimo sfruttare questo spazio grigio.
Il linguaggio della pace viene piegato a strumento di guerra. Si parla di «riconciliazione» e «dialogo» mentre si raccolgono fondi per armi. Si invoca la libertà di espressione mentre si radicalizzano giovani sui social. E intanto le comunità ebraiche italiane vivono sotto scorta permanente, con sinagoghe e scuole protette dalla polizia. Non è una misura simbolica ma una vera e drammatica necessità.
Gli arresti di Berlino ricordano che Hamas è già in Europa, pronto a colpire. Ricordano che la cooperazione con Israele non è un favore ma una condizione di sicurezza per tutti. Ricordano che il velo della propaganda «umanitaria» non deve far dimenticare che dietro ci sono milizie che usano il terrorismo come metodo. E ricordano a noi, in Italia, che la vigilanza non è paranoia ma la sola forma di realismo.
Germania. Sventata una cellula di Hamas con l’aiuto del Mossad
Germania. Sventata una cellula di Hamas con l’aiuto del Mossad