Georgetown University ha rimosso Francesca Albanese dall’elenco dei propri studiosi affiliati. Non una scelta cosmetica, non un aggiustamento di pagina, ma una presa di distanza netta e pubblica: il nome e il volto della Relatrice speciale ONU per i Territori palestinesi occupati sono stati eliminati dal sito dell’ateneo, così come la sua scheda biografica personale. Fino a poche settimane fa Albanese compariva come primo nome nella sezione “Other Affiliated Scholars” dell’Institute for the Study of International Migration. Ora non più.
Il contesto è tutto fuorché neutro. Francesca Albanese è il primo funzionario delle Nazioni Unite nella storia a essere stato ufficialmente condannato per antisemitismo e inversione dell’Olocausto da tre Stati occidentali: Canada, Germania e Francia. Un fatto senza precedenti, che ha incrinato in modo irreversibile la sua pretesa di parlare in nome dei diritti umani universali.
La decisione di Georgetown arriva dopo mesi di pressione documentata da UN Watch, che ha dedicato ad Albanese un rapporto di sessanta pagine, ricostruendo un quadro fatto di retorica antisemitica, giustificazioni del terrorismo e uso militante di un incarico ONU che dovrebbe essere, per definizione, imparziale. Per oltre sei mesi l’organizzazione ha chiesto all’università americana di interrompere ogni legame accademico con la Relatrice speciale.
“Accogliamo con favore la decisione di Georgetown University”, ha dichiarato Hillel Neuer. “Le istituzioni accademiche hanno la responsabilità di difendere standard minimi di integrità e dignità umana. Rimuovere una funzionaria che ha ripetutamente fatto ricorso a retorica antisemita e ha giustificato il terrorismo è un passo necessario per ripristinare quegli standard”. E non è solo una questione interna all’università: “Questo invia un messaggio importante. Le posizioni di autorità alle Nazioni Unite non garantiscono immunità dall’accountability, e le università non devono diventare rifugi sicuri per chi abusa della propria piattaforma per diffondere odio”.
Il gesto di Georgetown pesa perché rompe una consuetudine: quella per cui il marchio ONU funziona come scudo reputazionale automatico. In questo caso non ha retto. Anzi, ha finito per trascinare con sé chi continuava a offrire legittimazione accademica a una figura sempre più isolata sul piano istituzionale.
Ora la palla passa alle Nazioni Unite. “L’ONU dovrebbe seguire l’esempio di Georgetown e rimuovere Albanese”, ha aggiunto Neuer. “Nel sistema dei diritti umani non dovrebbe esserci spazio per funzionari che promuovono l’odio e assolvono il terrorismo”. È una richiesta che mette a nudo una contraddizione strutturale: un’istituzione nata per difendere i diritti fondamentali che tollera, al proprio interno, chi li piega a un’agenda ideologica.
La rimozione di Francesca Albanese dal sito di Georgetown non chiude la partita. Ma segna una linea. E indica che, almeno in alcuni contesti, il tempo dell’impunità simbolica sta finendo.
Georgetown University. Francesca Albanese bye bye
Georgetown University. Francesca Albanese bye bye

