L’accordo su Gaza tra Stati Uniti, Israele e Stati islamici come Arabia Saudita, Egitto, Turchia e vari Emirati è una tappa eccezionale e fondamentale per costruire la pace in Medio Oriente. Va però consolidato rapidamente, prima che il fanatismo omicida islamista riprenda slancio.
Nella penisola arabica le tendenze alla modernizzazione aiutano a isolare i fondamentalisti. Il nodo principale, oggi, è rafforzare il sostegno di due attori decisivi: Turchia ed Egitto. Pechino — talvolta coordinata con Mosca — cerca di contrapporli all’Occidente attraverso iniziative come la Via della Seta, i BRICS e una fitta rete di relazioni con Teheran, Sana’a e Kabul. In Turchia e in Egitto, inoltre, persistono correnti fondamentaliste radicate sia nelle campagne, dove prevale una tradizione religiosa più ortodossa e dove è indispensabile una riforma dell’Islam i cui segnali si colgono dal Nord Africa all’Indonesia, sia tra segmenti delle nuove generazioni, dove le scarse prospettive economico-sociali alimentano derive jihadistiche. Fenomeni analoghi attraversano il Marocco, il Sahel, la Nigeria, fino alla Malesia e al mondo talebano — nato, non a caso, tra studenti coranici.
Accanto all’indispensabile ruolo americano, un orizzonte di pace nel Mediterraneo e in Medio Oriente non è possibile senza un’Europa attiva. Sul piano economico: dal Piano Mattei all’IMEC (il corridoio India–Medio Oriente–Mediterraneo, annunciato nel settembre 2023 e di fatto bloccato da Hamas il 7 ottobre). Sul piano ideale: solo contenendo i micro-imperialismi che talvolta ispirano alcune capitali europee si potrà offrire al Cairo e ad Ankara un’intesa economico-sociale solida, capace di stabilizzare gli accordi odierni.
Le menti dei giovani musulmani possono essere conquistate alla libertà solo se arretra l’ondata di nichilismo oikofobico — l’odio per la propria “casa” occidentale — spesso venato di antisemitismo e diffuso, sciaguratamente, da cattivi maestri tra i giovani europei. Quel clima, infatti, finisce per alimentare, fra molti studenti islamici, l’idea che solo la jihad, con il suo regime oppressivo e la “guerra santa”, possa difenderli da un indistinto imperialismo.
Per questo è opportuna e urgente una iniziativa comune europea — destra, centro e sinistra — che, al di là degli schieramenti, difenda la pace raggiunta e le dia basi robuste. Solo così si potrà restituire speranza a milioni di giovani arabi e africani e trasformare la tregua di oggi in ordine stabile domani.
Gaza, pace da consolidare: Turchia, Egitto ed Europa decisivi
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