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Francia – Dopo 131 anni, Dreyfus generale

Daniele Scalise

Tempo di Lettura: 4 min
Francia – Dopo 131 anni, Dreyfus generale

Il capitano Alfred Dreyfus – ufficiale dell’esercito francese di confessione ebraica, falsamente accusato di tradimento nel 1894 – è stato promosso a titolo postumo al grado di generale di brigata. La Repubblica francese ha compiuto così, dopo 131 anni, un gesto che, pur essendo essenzialmente simbolico, scuote le fondamenta della memoria nazionale. Il decreto, firmato dal presidente Emmanuel Macron e dal ministro della Difesa Sébastien Lecornu, è stato pubblicato oggi sul Journal officiel.

Il testo del decreto è lapidario. «La Nation française proclame, à titre posthume, Alfred Dreyfus général de brigade». Poche parole che hanno però un peso storico enorme. L’iter parlamentare che ha condotto a questa decisione si è concluso dopo l’approvazione unanime dell’Assemblée nationale lo scorso giugno e del Senato il mese scorso. Non si tratta soltanto di un atto di rettifica verso la vittima di un’ingiustizia infame, ma di una pronuncia pubblica che richiama la ferita dell’antisemitismo sistemico nella Francia della Terza Repubblica, e più in generale dell’Europa moderna.

Nel 1894 Alfred Dreyfus, 36 anni, ufficiale d’artiglieria originario dell’Alsazia, fu accusato di aver consegnato documenti militari riservati all’Impero tedesco. L’accusa poggiava su prove inconsistenti – tra cui un frammento di scrittura recuperato da un cestino all’ambasciata tedesca – e venne amplificata da una campagna mediatica apertamente antisemita. Condannato all’ergastolo, degradato, inviato al confino nell’Isola del Diavolo, nella Guyana francese, Dreyfus vide perdere onore, carriera e futuro per un delitto che non aveva commesso.

La sua innocenza venne finalmente riconosciuta nel 1906 dalla Corte di cassazione, che lo riabilitò e lo reintegrò nell’esercito con il grado di maggiore. Restava però un vuoto: anni decisivi della sua carriera furono sacrificati e il grado di generale al quale avrebbe potuto aspirare gli fu negato, fin dall’adozione della normativa e degli accordi che regolano l’avanzamento militare. In questo senso, la promozione odierna vuole colmare quella lacuna, restituendo un’onorificenza – oggi postuma – che gli sarebbe spettata in vita.

Sul piano simbolico, l’atto di oggi risuona ben oltre i confini francesi. Per la comunità ebraica europea e mondiale, l’«affaire Dreyfus» rappresenta fin dal suo inizio non solo un errore giudiziario, ma un segnale drammatico di vulnerabilità: l’idea che un cittadino ebreo potesse essere sacrificato sull’altare della «sicurezza nazionale», della reputazione dell’esercito, della congiura patriottica ha rappresentato per molti la prova che l’emancipazione formale non bastava a garantire il futuro. Tra i testimoni di questo turbamento vi fu anche Theodor Herzl, che a partire dal caso Dreyfus trasse la convinzione che soltanto uno Stato ebraico avrebbe potuto garantire la sicurezza collettiva del popolo ebraico.

Non si può tuttavia liquidare questo gesto come mera commemorazione retorica. Esso arriva in un momento in cui la Francia è tutt’altro che immune dalle recrudescenze dell’antisemitismo: i distributori di odio, gli attacchi fisici contro ebrei, le manifestazioni di delegittimazione di Israele e degli ebrei francesi sono un monito che la memoria del passato non è mai soltanto ricordo. Il dossier parlamentare che ha portato alla promozione lo ricorda esplicitamente. «L’antisemitismo che colpì Alfred Dreyfus non appartiene a un passato ormai finito».

Va però segnalato che l’operazione non è stata esente da critiche. Alcuni deputati del centro politico hanno fatto notare che trattare l’«affaire Dreyfus» come un gesto di pacificazione può rischiare, senza politiche concrete, di essere soltanto un segnale vuoto. Altri hanno invece denunciato tentativi di strumentalizzazione politica della vicenda – nella quale si possono leggere trasversalmente elementi di sinistra, di destra, nazionalisti e repubblicani – e hanno avvertito che la memoria non debba diventare moneta di assenso morale.

In questa prospettiva, tuttavia, la promozione di oggi può assumere un valore concreto: oltre alla restituzione simbolica dell’onore a Dreyfus, essa invita a riflettere sui numeri, sulle istituzioni e sulle responsabilità che ancora oggi segnano le minoranze, gli ebrei, i cittadini di Francia. Se la Repubblica francese – nella sua forma più alta – riconosce oggi un torto di 131 anni fa, è perché quel torto tanto lontano resta parte della trama della contemporaneità.

Per il mondo occidentale democratico questo fatto assume una doppia valenza. Da un lato, rappresenta un monito: l’ebraismo europeo non può dare per scontata né la protezione né l’accettazione; dall’altro, un’affermazione: quando lo Stato riconosce i propri errori, anche dopo lungo tempo, getta un seme per una cultura pubblica della responsabilità.

Con la promozione solenne di Alfred Dreyfus al rango che avrebbe meritato, la Francia non cancella il passato – non può farlo –, ma ne prende atto in modo esplicito. E questo è, in fondo, il primo passo di ogni reale riparazione.


Francia – Dopo 131 anni, Dreyfus generale
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