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Finanziamenti dalla Quds Force all’Hezbollah: oltre un miliardo da gennaio

Paolo Montesi

Tempo di Lettura: 3 min

Gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni a tre uomini d’affari libanesi accusati di gestire i canali attraverso cui la Forza Quds dei Pasdaran iraniani ha trasferito più di un miliardo di dollari a Hezbollah dal gennaio 2025. Secondo il Dipartimento del Tesoro, il denaro sarebbe passato per società di cambio valuta e uffici finanziari di Beirut e di Dahieh, la roccaforte sciita a sud della capitale.

I tre sanzionati sono Ali Khalil Mahamad Nasser, Maher Jawad Khalifeh e Hussein Ali Khalil. Tutti – secondo l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) – avrebbero facilitato operazioni di riciclaggio e trasferimento di fondi provenienti dall’Iran. Le transazioni sarebbero state condotte tramite due società, la Al-Khalifeh Exchange e la Nasser Exchange Co., che ora entrano anch’esse nella lista nera americana. I beni eventualmente presenti negli Stati Uniti vengono congelati, e a qualunque cittadino o azienda statunitense è vietato intrattenere rapporti commerciali con loro.

Il comunicato del Tesoro afferma che “Hezbollah continua a sfruttare la vulnerabilità del sistema finanziario libanese per finanziare le proprie attività militari e terroristiche”. I fondi sarebbero serviti a pagare combattenti, acquistare armamenti e ricostruire infrastrutture logistiche danneggiate negli ultimi mesi dai raid israeliani nel sud del Paese.

John K. Hurley, rappresentante speciale del Tesoro per il contrasto al finanziamento del terrorismo, ha dichiarato che “il Libano potrà essere libero e sicuro solo se Hezbollah sarà completamente tagliato fuori dal controllo iraniano”. La frase riassume la linea dell’amministrazione Biden: non tanto colpire Teheran direttamente, quanto ridurre la capacità dei suoi alleati di sostenersi attraverso circuiti paralleli.
Dietro la cifra di “oltre un miliardo di dollari” si muove un meccanismo ormai consolidato. La Quds Force, ramo esterno dei Guardiani della Rivoluzione, utilizza intermediari locali per far entrare nel Libano contante in dollari o euro, proveniente dai proventi petroliferi e da canali informali di cambio. L’economia libanese, basata su contanti e valute estere, si presta bene a questo tipo di operazioni. Le agenzie di cambio diventano un sistema bancario ombra in grado di aggirare controlli e sanzioni.

Non è la prima volta che Washington colpisce questa rete. A maggio e a settembre il Tesoro aveva già sanzionato altri operatori, accusati di convertire in criptovalute parte dei ricavi del petrolio iraniano per poi riversarli in conti collegati a Hezbollah. In totale, dal 2023 a oggi, l’amministrazione Biden ha designato oltre sessanta individui e società legati al finanziamento del gruppo sciita.

Resta incerta la distinzione tra denaro destinato alle attività militari e quello impiegato per i programmi sociali o politici di Hezbollah, che in Libano è anche partito e fornitore di servizi. Washington considera tutto il movimento una struttura terroristica unitaria; per Beirut, invece, è parte integrante del sistema di potere.

Le sanzioni, da sole, difficilmente cambieranno il quadro. In un Paese dove il contante domina e la valuta locale è in caduta libera, fermare i flussi iraniani significa poco più che spostare i canali da un intermediario all’altro. Ma per gli Stati Uniti è un messaggio politico: il sostegno iraniano a Hezbollah è monitorato, tracciato e punito ogni volta che se ne individuano le tracce.
Al di là dei comunicati, la vicenda mostra come la guerra per procura tra Teheran e Washington non si giochi solo sui fronti di confine ma anche nei circuiti del denaro. Nelle strade di Beirut, le armi si comprano con dollari passati di mano nei retrobottega dei cambiavalute. Ed è lì che, da oggi, gli Stati Uniti dicono di voler chiudere il rubinetto.


Finanziamenti dalla Quds Force all’Hezbollah: oltre un miliardo da gennaio
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