Non c’è pace in Medio Oriente. E come potrebbe essercene? La pace, infatti, va costruita nella giustizia: non può essere imposta dall’alto, né affidata a generici slanci pacifisti. Due vicende recenti lo dimostrano con chiarezza.
L’attacco alla Chiesa della Sacra Famiglia è un episodio gravissimo. Ha colpito un luogo di culto, sostanzialmente extraterritoriale — come e più di un’ambasciata. È un fatto grave, sia che si sia trattato di un errore umano, sia (ancor più) se fosse un atto deliberato da parte di elementi estremi all’interno dell’IDF. Netanyahu ha fatto bene a telefonare a Papa Leone XIV, ma ora occorre fare chiarezza, isolare e, se necessario, punire i responsabili.
Va però detto con forza che la propaganda anti-israeliana dilagante in Europa non aiuta. La guerra, come sempre, genera sacche di barbarie. Ma il punto vero è un altro: la mancanza di chiarezza della comunità internazionale. Se si fosse chiesto — e si chiedesse oggi — con solennità ad Hamas di arrendersi, negandole ogni legittimità e accusandola di usare la popolazione civile come scudo umano, la guerra sarebbe già finita. Invece, dalle parole di Guterres subito dopo il 7 ottobre 2023 fino all’atteggiamento prevalente in Europa, questa chiarezza non c’è mai stata. Anzi: è accaduto l’opposto. E finché le cose resteranno così, non ci sarà alcuna pace giusta, ma solo la vittoria militare di uno dei contendenti.
La vicenda siriana è ancora più complessa. Anche qui: chiarezza zero. Non si tratta, come sostengono certi media “progressisti”, di generici scontri etnico-religiosi. Si tratta piuttosto di attacchi contro la comunità drusa, perpetrati da gruppi sunniti legati ad Ahmed Al-Sharà, leader siriano. Alle sue spalle: Fratelli Musulmani, attivi anche in Libia ed Egitto, e sostenuti apertamente dalla Turchia.
In gioco c’è la sopravvivenza di una minoranza religiosa. L’Europa cosa fa? Sostiene lo status quo — cioè i massacri presenti e futuri — invocando la “sovranità e integrità territoriale” dello Stato siriano. Come se la Siria fosse uscita dalla guerra civile: in realtà è solo un Paese sedato, anestetizzato da un patto tra bande di guerriglieri che hanno imposto Al-Sharà come presidente, in totale assenza di legittimazione democratica o costituzionale.
Tutto questo ha dell’incredibile. I media progressisti continuano a parteggiare per il fronte siriano, osteggiando perfino Israele, che ha osato intervenire in difesa dei drusi. Giorni fa, per esempio, il Corriere della Sera ha definito «brutali» i raid aerei israeliani su Damasco, quasi che i massacri che li avevano provocati fossero stati solo dei “buffetti”. E ha liquidato come «strumentale» la difesa dei drusi da parte di Gerusalemme, fingendo di non sapere che i drusi sono una minoranza importante in Israele, presente anche nelle forze armate e con profondi legami con la propria comunità in Siria.
Tutto ciò rivela l’ipocrisia del progressismo europeo, nei governi e nell’opinione pubblica. Il totale disinteresse verso le minoranze religiose, da secoli perseguitate dall’islamismo — e oggi nuovamente minacciate — è frutto di opportunismo politico e compiacenza verso i poteri islamici non arabi, come Turchia e Iran, da sempre proiettati in chiave egemonica nella regione.
Ma il cuore del problema è più profondo: una cultura che guarda con fastidio alla religione in sé, e alla libertà religiosa come diritto fondamentale. È questo che produce la saldatura tra progressismo e wokismo: una visione in cui esistono solo i “presunti deboli” (anche quando sanguinari e sostenuti da potenze spregiudicate) e i loro “perfidi nemici”, comprese le minoranze religiose, cristiani ed ebrei inclusi.
Su questo, il progressismo europeo la sua scelta l’ha già fatta. Per fortuna, l’Europa non è tutta qui. E per fortuna ci sono ancora gli Stati Uniti e — in parte — i Paesi arabi che aderiscono o guardano con interesse al Patto di Abramo. È da qui che può nascere una vera prospettiva di pace e convivenza per il Medio Oriente.
Due pesi e quattro religioni. La pace giusta non si costruisce sull’ambiguità Due pesi e quattro religioni. La pace giusta non si costruisce sull’ambiguità Due pesi e quattro religioni. La pace giusta non si costruisce sull’ambiguità