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Dopo Gaza: la sfida di una de-hamasizzazione possibile

Lodovico Festa

Tempo di Lettura: 2 min
Dopo Gaza: la sfida di una de-hamasizzazione possibile

Due anni di pandemia, tre anni di crudeltà provocate dall’aggressione russa all’Ucraina e da Hamas a Israele, un quadro internazionale privo di equilibri hanno diffuso paure e nervosismo nell’Occidente liberaldemocratico. Ne è derivato un logoramento delle capacità diplomatiche, la resurrezione di antichi mostri come l’antisemitismo e la perdita di credibilità delle Nazioni Unite, incapaci di assumere iniziative serie dal Libano al Sudan, da Gaza al Donbass, dal Myanmar alla Libia.

Le reazioni emotive di fronte alle stragi si sono spesso trasformate in irrazionalità nichilistiche, come quella ricordata dal premier polacco Donald Tusk: ridicolizzava chi sostiene che nove milioni di israeliani vogliano cancellare due miliardi di musulmani. Il rischio che la situazione sfugga di mano è enorme: servono atti concreti per interrompere la deriva.

Sul fronte palestinese alcuni elementi potrebbero aprire spiragli: le preoccupazioni occidentali per i civili di Gaza; le dichiarazioni della Lega araba secondo cui Hamas va estirpata come organizzazione; la disponibilità del governo israeliano ad affidare la Striscia a un protettorato arabo impegnato a garantire la sicurezza dello Stato ebraico. Ma gli ostacoli sono altrettanto evidenti: la sfiducia totale nell’Onu; l’impossibilità di immaginare un autogoverno per una popolazione che il 7 ottobre 2023 ha scelto una leadership responsabile di massacri, stupri, feti uccisi nei ventri delle madri, rapimenti di anziani, donne e bambini usati come ostaggi in stile Gengis Khan. A questo si aggiunge la tendenza delle potenze, grandi e medie, a privilegiare interessi particolari anziché una visione di distensione globale.

In tale contesto bisogna chiedersi se esista uno spazio, prima di un accordo generale, per spezzare la spirale politico-bellica. La posizione della Lega araba è interessante; una parte significativa dell’Unione europea, pur critica verso Israele, non è disposta a isolarlo. L’opinione pubblica invoca risposte concrete: nutrire e curare i civili di Gaza. Non si potrebbe organizzare subito la gestione delle zone della Striscia ormai libere dai combattimenti con soldati europei e poliziotti forniti dagli Stati della Lega araba, incaricati di distribuire cibo, cure e medicinali?

Così, mentre si lavora per chiudere il conflitto senza mettere a rischio la sicurezza di Israele, si creerebbe un nucleo di gestione del dopoguerra: capace di demilitarizzare l’area, avviare un processo di de-hamasizzazione paragonabile alla denazificazione della Germania del 1945, avviare la ricostruzione e dare razionalità anche a certi progetti american-qatarini-blairiani-witkoffiani.


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Dopo Gaza: la sfida di una de-hamasizzazione possibile