Sul Corriere della Sera del 5 agosto, Lorenzo Cremonesi, nel suo articolo sulla strategia del governo Netanyahu a Gaza, scrive che «i sondaggi tra il pubblico israeliano continuano a mostrare che una netta maggioranza è a favore dell’annessione dei territori occupati».
È infondato.
Cremonesi è, da molti anni, inviato speciale del Corriere della Sera in Medio Oriente. Di recente, recensendo l’ultimo libro di Rula Jebreal, ha affermato che sì, Israele starebbe commettendo un genocidio a Gaza. Non è nuovo, del resto, a un’attività – purtroppo assai diffusa tra i giornalisti italiani – che consiste nel fare da cassa di risonanza alla propaganda dell’Islam radicale. Ma in questo caso si assume una responsabilità gravissima: accusare la maggioranza degli israeliani di volere la guerra.
I fatti dimostrano il contrario.
Tutti i sondaggi condotti in Israele, ben prima ancora della diffusione dei video di Rom Braslavsky e Evyatar David – che li mostrano in condizioni disumane, implorare la loro liberazione – raccontano un’altra verità: la stragrande maggioranza degli israeliani, compresi molti elettori di Netanyahu, è favorevole alla fine della guerra e al rilascio immediato degli ostaggi.
Il 9 luglio scorso, l’Università Ebraica di Gerusalemme ha pubblicato i risultati di un sondaggio condotto tra il 29 giugno e il 1° luglio: il 70% degli israeliani è favorevole a porre fine alla guerra nell’ambito di un accordo che preveda la liberazione di tutti gli ostaggi. Il 14% degli israeliani che sostenevano inizialmente l’operazione militare ha cambiato idea. Tra gli elettori della coalizione di governo, il 49% vuole la fine della guerra; tra gli elettori dell’opposizione, la percentuale sale al 90%.
Il 18 luglio, Canale 13 ha pubblicato un ulteriore sondaggio: il 71,6% degli israeliani è favorevole a un accordo totale per la cessazione delle ostilità e la liberazione degli ostaggi.
Dunque, è evidente l’operazione di disinformazione messa in atto da Cremonesi. Una cosa è informare – anche criticamente – sulle decisioni del governo Netanyahu; un’altra è dire che la “netta maggioranza” degli israeliani voglia annettere i territori. Una menzogna così grave sfiora l’accusa etnica: significa suggerire che la guerra e il dominio siano iscritti nella cultura ebraica, che l’ebreo tenda per natura a sottomettere, a prevalere, a occupare.
È un messaggio tossico. È un’eco della propaganda jihadista. Ed è pericoloso.
Stiamo affrontando un drammatico rigurgito di antisemitismo, in Italia e nel mondo. Gli ebrei italiani e i cittadini israeliani vengono accusati di volontà genocidaria, sono oggetto di discriminazioni e violenze. In questo contesto, le informazioni false sono benzina versata sul fuoco dell’odio.
Chi oggi distorce la realtà, chi presta la sua firma autorevole a una narrazione così pericolosa, si assume una responsabilità storica.
Disinformare sull’opinione pubblica israeliana è un favore all’antisemitismo Disinformare sull’opinione pubblica israeliana è un favore all’antisemitismo Disinformare sull’opinione pubblica israeliana è un favore all’antisemitismo