In questo periodo siamo involontari testimoni di un ritorno polemico su una questione poco conosciuta e molto citata: la definizione operativa di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance, adottata nel 2016, nata come strumento semplice, e cioè fornire a istituzioni, università, media e governi un criterio di riconoscimento delle forme antiebraiche contemporanee, soprattutto quelle che agiscono mascherandosi da critica politica. Da qualche tempo a questa parte, però, la definizione è diventata oggetto di una campagna di delegittimazione che, più che un dibattito intellettuale, somiglia a un tentativo di tornare a un comodo vuoto normativo. È come se alcuni rimpiangessero il tempo in cui l’antisemitismo era riconoscibile solo quando era urlato nei ghetti o inciso sulle sinagoghe, e tutto il resto poteva passare per legittima opinione.
La definizione IHRA non è un bavaglio, non è una legge penale e men che mai è uno scudo per una politica specifica di Israele. È, letteralmente, una bussola: descrive cioè l’antisemitismo come percezione distorta e ostile degli ebrei, e mostra come questa distorsione possa presentarsi anche sotto forma di demonizzazione dello Stato ebraico (leggere bene e ripetere almeno dieci volte, signori e signore: Stato e non governo). Chi oggi la vuole smontare non critica la definizione in sé, ma il suo effetto: toglie alibi. Dice che usare doppi standard verso Israele, negarne il diritto all’autodeterminazione o invocare la sua cancellazione non è militanza progressista, ma la riproposizione aggiornata di un pregiudizio antico.
Il punto è che la definizione IHRA fotografa un fenomeno che si è spostato di campo. Non più solo gruppi neonazisti o fanatici religiosi: l’antisemitismo vive anche in movimenti che si autodefiniscono emancipatori, nelle aule universitarie che applaudono alla cancellazione di Israele, nelle ONG che adottano un vocabolario bellico contro l’unico Stato ebraico del pianeta. La reazione alla definizione nasce da qui: dall’imbarazzo di dovere ammettere che una parte dell’attivismo contemporaneo ha incorporato categorie antisemite senza più riconoscerle.
Chi rimette in discussione la definizione sostiene che essa “confonda antisemitismo e critica a Israele”. È un argomento comodo perché evita di nominare il vero nodo: nessuna critica, anche feroce, alle politiche israeliane rientra nella definizione IHRA. (Rileggere di nuovo e di nuovo ripetere dieci volte, signori e signore). Ci rientrano solo quelle forme di ostilità che negano agli ebrei ciò che si concede a tutti gli altri popoli: esistere, autodeterminarsi, difendersi. Se questa linea di demarcazione disturba qualcuno, il problema non è la definizione.
Rimettere oggi in discussione l’IHRA significa accettare un mondo in cui l’antisemitismo può camuffarsi a piacimento e in cui la responsabilità di riconoscerlo ricade solo sulle vittime. È il contrario di ciò che una società democratica dovrebbe desiderare. La definizione IHRA non è perfetta, come non lo è nessuno strumento concettuale, ma è l’unica che abbia dimostrato efficacia nel portare alla luce ciò che molti vorrebbero restasse nell’ombra. E in tempi come questi, dove l’odio antiebraico scorre libero sotto nuove bandiere, non è il momento di spegnere il faro: è il momento di regolarlo, potenziarlo e difenderlo.
Cosa dice questa benedetta definizione? Leggiamola insieme: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei che può essere espressa come odio verso gli ebrei.
Le manifestazioni retoriche e fisiche di antisemitismo sono dirette contro individui ebrei o non ebrei e/o contro le loro proprietà, contro istituzioni della comunità ebraica e strutture religiose ebraiche.”
A corredo della definizione del documento adottato nel 2016 dalla plenaria dell’International Holocaust Remembrance Alliance, ci sono quelli che vengono definiti in inglese ‘examples’, parte integrante del documento adottato nel 2016 dalla plenaria dell’International Holocaust Remembrance Alliance. Sia chiaro che non sono stati aggiunti da qualche ong, da un odioso governo o da fantasiosi studiosi successivi: fanno parte del pacchetto originario che accompagna la definizione operativa.
Esempi che possono, a seconda del contesto, essere considerati antisemitismo:
• Incitare all’uccisione o al danneggiamento degli ebrei in nome di un’ideologia radicale o di una visione estremista della religione.
• Formulare menzogne, affermazioni disumanizzanti, demonizzanti o stereotipate sugli ebrei in quanto tali o sul potere collettivo degli ebrei, come il mito di una cospirazione ebraica mondiale o la convinzione che gli ebrei controllino i media, l’economia, i governi o altre istituzioni della società.
• Accusare gli ebrei, come popolo, o Israele, come Stato, di aver inventato o esagerato la Shoah.
• Accusare i cittadini ebrei di essere più fedeli a Israele, o agli interessi degli ebrei nel mondo, che al loro stesso Paese.
• Negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione, ad esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è un progetto razzista.
• Applicare a Israele standard doppi che non vengono richiesti a nessun altro Paese democratico.
• Utilizzare simboli e immagini associati all’antisemitismo classico (ad esempio l’accusa di aver ucciso Cristo o il sangue rituale) per caratterizzare Israele o gli israeliani.
• Fare paragoni tra la politica contemporanea di Israele e quella della Germania nazista.
• Ritenerli collettivamente responsabili delle azioni dello Stato di Israele.
• Negare ad altri l’esercizio della libertà di religione o di espressione della propria identità ebraica (ad esempio impedire a ebrei di celebrare festività, circoncisione o altre pratiche religiose).
• Danneggiare beni ebraici o luoghi di culto, profanare sinagoghe, cimiteri e istituzioni ebraiche.
• Negare o minimizzare pubblicamente il genocidio del popolo ebraico compiuto dalla Germania nazista e dai suoi alleati.
• Accusare collettivamente gli ebrei di essere responsabili di atti commessi da individui ebrei o da gruppi non identificati come tali.
• Incitare all’odio contro persone o comunità per la loro identità ebraica.
E’ un po’ più chiaro ora? (Da mandare a memoria, che poi vi interrogo, signori e signore).
Definizione IHRA di antisemitismo. Togliere gli alibi non piace a nessuno
Definizione IHRA di antisemitismo. Togliere gli alibi non piace a nessuno

