Sono passati ventiquattro anni dall’attacco del terrorismo islamico al cuore di New York. Quell’11 settembre 2001 anche l’Occidente democratico subiva lo stesso odio con cui Israele convive da prima della sua nascita. Da allora l’Islam radicale è dilagato nelle nostre città: attentati e morti si sono susseguiti in tutto il mondo libero. I Fratelli Musulmani si sono radicati nei nostri quartieri, condizionando la politica, influenzando le università. Vogliono perseguitare gli infedeli, vogliono cancellare lo Stato di diritto per sostituirlo con la Sharia.
Gli Stati Uniti e Israele hanno reagito, certo: hanno sconfitto Al-Qaeda, hanno sradicato l’Isis. Ma, nel silenzio del mondo libero, l’Islam radicale ha continuato ad armarsi, ad organizzarsi, a reclutare terroristi pronti a morire pur di eliminare gli infedeli. L’Iran ha continuato a costruire la sua bomba atomica e a finanziare il terrorismo, così come il Qatar, diviso tra doppio gioco con l’Occidente e complicità con il terrore.
Fino all’orrore del 7 ottobre, quando il terrorismo islamico ha raggiunto la massima punta di crudeltà e il massimo successo politico. Israele, con l’aiuto degli Stati Uniti, ha inflitto colpi durissimi a Iran, Hamas, Hezbollah e Houthi. Le loro leadership sono state decimate, la loro capacità militare devastata. Ma mai come in questi due anni è cresciuto, nelle opinioni pubbliche occidentali, il consenso per l’Islam radicale travestito da vittima.
Ogni atto terroristico ha trovato l’Occidente diviso tra la ferma condanna e l’opportunistica giustificazione. Dalla retorica del «siamo tutti Charlie Hebdo» si è passati all’ambiguo voltare le spalle al Paese che combatte ogni giorno contro gli stessi nemici, contro lo stesso odio. Nell’opinione pubblica ormai priva di valori condivisi, ha persino trovato spazio e ammirazione la Lettera all’America che Osama Bin Laden scrisse per motivare l’11 settembre: quella stessa lettera è stata condivisa come giustificazione per l’orrore del 7 ottobre.
E oggi, anche di fronte alla minaccia concreta dei droni russi che sorvolano un Paese membro della Nato, continuiamo a non voler vedere la stretta alleanza militare e politica di Russia, Cina, Iran e Corea del Nord. Puntano sulla nostra debolezza, sulle nostre ambiguità, sull’influenza che i loro amici esercitano in Occidente per condizionare governi e decisioni.
Abbiamo bisogno di leader consapevoli del rischio che stiamo correndo. Leader capaci di uscire dalle ambiguità e affrontare il nemico comune, per riportare l’Occidente fuori da questo tunnel.
Dall’11 settembre al 7 ottobre: l’Occidente davanti al suo nemico
Dall’11 settembre al 7 ottobre: l’Occidente davanti al suo nemico
Dall’11 settembre al 7 ottobre: l’Occidente davanti al suo nemico