La conoscete la cosiddetta teoria dei sei gradi di separazione? La suggestione nasce in letteratura: lo scrittore ungherese Frigyes Karinthy la propone nel 1929 nel racconto Láncszemek (Anelli della catena), ipotizzando che qualunque persona nel mondo sia collegata a qualunque altra attraverso una catena di conoscenze lunga in media sei passaggi. L’idea, inizialmente narrativa, diventa oggetto di studio sociologico solo decenni dopo.
Il passo scientifico decisivo è di Stanley Milgram (1967), con l’esperimento del “piccolo mondo”: buste affidate a cittadini statunitensi dovevano raggiungere, per catene di conoscenti, un destinatario bersaglio. Le catene arrivate suggerivano una lunghezza media attorno a 5–6 passaggi. Lo studio, pur celebre, presenta limiti metodologici (campioni non casuali, molte catene interrotte), ma impone il problema all’agenda della ricerca.
In parallelo, Ithiel de Sola Pool e Manfred Kochen — in un manoscritto del 1958, pubblicato nel 1978 — forniscono i primi modelli matematici dei contatti sociali; poi la teoria delle small-world networks viene formalizzata da Duncan Watts e Steven Strogatz (1998), mostrando come reti con alta prossimità locale e pochi collegamenti “a lungo raggio” riducano drasticamente le distanze medie. La cultura pop consacra il tema con la pièce Six Degrees of Separation di John Guare (1990).
La domanda che poniamo oggi trascende la teoria delle scienze sociali ed è strettamente, urgentemente politica. Quanti gradi di separazione ci sono tra un italiano medio e un esponente di Hamas, oggi? La risposta che temo di poter dare è una sola: terribilmente pochi. Due o tre al massimo; in qualche caso, uno soltanto. Lo si deduce da fatti incontrovertibili. L’uso di slogan di Hamas e la diffusione dei relativi materiali non è casuale. In meno di due anni l’indicibile è diventato dicibile: i limiti della decenza morale sono stati infranti. Video, reel, post social che inneggiano a Hamas entrano sui telefoni di milioni di italiani, minorenni inclusi, avvicinandoli in modo straordinario — in una relazione quotidiana che diventa prima prossimità, poi empatia e infine sintonia con i vertici del terrorismo palestinese.
Uno soltanto. Perché agenti di influenza, testimonial ed emissari sono sempre più popolari nei talk show, nelle interviste, nelle conferenze stampa e in quel pulviscolo di assemblee che, tra licei, università e piazze, propagano il virus pro-Hamas con la stessa rapidità che ebbe il Covid. La normalizzazione passa da qui: presenza continua, linguaggi semplificati, slogan ripetuti fino a diventare senso comune.
Ma c’è di più. Esistono figure pubbliche collocate a pochi gradi di separazione dai vertici di Hamas. La Relatrice speciale ONU, Francesca Albanese, è intervenuta il 27 e 28 novembre 2022 — in videocollegamento — al convegno 16 Years of Gaza Siege, organizzato dal Council on International Relations – Palestine (CIR), con sede a Gaza. Dell’evento esiste una registrazione pubblicamente reperibile. In quell’occasione hanno partecipato anche rappresentanti delle «fazioni e forze nazionali», come si legge nel resoconto ufficiale del CIR; il documento cita inoltre come presidente del Consiglio Bassem (Basem) Naim. Chi è Naim? Fonti affidabili lo qualificano come dirigente di Hamas, già ministro della Salute nel governo Haniyeh e oggi figura politica del movimento. Ciò configura una co-presenza in un evento pubblico; i gradi di separazione non indicano adesione, ma restano ciò che sono: gradi di prossimità, ambiti del possibile, sfere che si allineano pur restando diverse.
Non sappiamo quali e quanti siano gli esponenti di Hamas operativi in Italia. Le Relazioni annuali dei servizi (DIS) descrivono la minaccia e le contromisure senza fornire informazioni dettagliate. Il Viminale, dopo il 7 ottobre 2023, ha adottato espulsioni per «motivi di sicurezza» e altre misure. Casi puntuali — come un’espulsione a Udine per apologia di Hamas sui social — mostrano l’azione preventiva dello Stato e indicano come la minaccia abbia preso forma in singole vicende: probabilmente non l’unico caso di questi mesi, ma un episodio assai eloquente.
I gradi di separazione tra l’abisso del terrorismo e il cuore di una parte non irrilevante della società italiana non sono mai stati così pochi come oggi.
Dai sei gradi a uno o due
Dai sei gradi a uno o due