Il bello delle polemiche italiane è che arrivano sempre con un ritardo da jet-lag culturale. Alla fiera Più libri più liberi scoprono oggi che esiste una casa editrice neofascista e antisemita. Ah sì? Antisemita. Parola che in questi due anni molti avevano accuratamente nascosto sotto il tappeto, tirandola fuori solo quando tornava utile per accusare chi la usa davvero di “strumentalizzazione”. Una specie di detersivo lessicale: smacchia tutto, soprattutto le coscienze.
E poi arriva Zerocalcare, che abbiamo finalmente identificato: non è un prodotto per i rubinetti ma un celebre fumettista, almeno così ci assicurano. Entra in scena indispettito come uno a cui hanno rigato la macchina: “Sono due anni che in questo Paese qualsiasi critica fatta a Israele viene tacciata di antisemitismo, e invece le SS sono pluralismo?”. No, caro elettrodomestico umano: non qualsiasi critica. Solo quelle in cui non criticate un governo o un’operazione militare, ma il fatto stesso che Israele esista. Quando vi mettete in modalità branchi ululanti, quando attribuite a Israele ogni male cosmico, quando raccogliete firme e consensi sui cadaveri di ebrei veri per difendere terroristi veri. È lì che scatta l’antisemitismo. Ed è strano dovervelo ricordare nel 2025, ma pazienza: ognuno ha i tempi di apprendimento che ha.
Poi interviene Marco Malvaldi, che prova a riportare un’aria di ossigeno nel falò delle vanità: “Se Zerocalcare non vuole condividere lo spazio con i nazisti, adesso gli sta lasciando spazio. Io se ci sono i nazisti salgo sulla montagna, prendo il fucile, scelgo un nome d’arte e combatto.”
Via, siamo seri, non vi pare che stiate tutti un filo sopra le righe? Ci manca solo qualcuno che invochi l’Index librorum prohibitorum, ed eccoci pronti a tornare al Quattrocento. Le idee, quando sono marce, non si estirpano con i fucili da partigiano indignato né con le minacce di abbandonare la fiera come se foste rockstar offese. Si battono con altre idee, migliori, più limpide, più forti. E sì: le si batte anche restando, parlando, discutendo, senza cedere un millimetro di spazio agli estremisti veri mentre ci si perde tempo con quelli immaginari.
Un consiglio gratuito: prima di salire in montagna, date un’occhiata fuori dalla finestra. La Storia non è un cosplay. E il fascismo, quello autentico, non si combatte con gli hashtag né con il tono offeso del divo in fuga. Si combatte restando lì, nel campo aperto delle parole. Dove si vede subito chi è in buona fede e chi, invece, sta solo recitando.
Così seri da sembrare in maschera
Così seri da sembrare in maschera
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