Ora anche i libri hanno bisogno del casco. In mezza Europa stanno spuntando etichette di sicurezza sui classici: Omero “potrebbe turbare”, Shakespeare “contiene violenza”, Dostoevskij “espone a angosce esistenziali”. Tra poco metteranno un avviso anche su Primo Levi, magari: leggere con cautela, potrebbe far pensare.
L’idea è sempre la stessa: proteggere il lettore da tutto, tranne dall’idiozia. I warning culturali non difendono nessuno, servono solo a rendere l’ignoranza un luogo confortevole, con la sua bella copertina morbida. E così la letteratura diventa un prodotto pastorizzato: niente rischi, niente vertigini, niente vita.
Il dramma è che ci stanno riuscendo: si vorrebbe consegnare una generazione all’idea che la complessità sia un fastidio, che il conflitto interiore sia un guasto e che l’arte debba sorridere, chiedendo scusa prima di esistere.
A forza di proteggere tutto, hanno ucciso l’unica cosa che non andrebbe mai messa sotto vetro: il coraggio di leggere.
Classici in quarantena
Classici in quarantena
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