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Charlotte Gainsbourg e il cretinismo dei boicottatori

a cura di Guy Konopnicki

Tempo di Lettura: 3 min
Charlotte Gainsbourg e il cretinismo dei boicottatori

Gli appelli a vietare a Charlotte Gainsbourg di interpretare Gisèle Halimi esprimono un’inquietante confusione tra finzione e realtà. Senza dubbio gli impegni di Charlotte Gainsbourg sono diversi da quelli di Gisèle Halimi, che tuttavia non ha vissuto nell’epoca del travisamento della causa palestinese da parte di Hamas. Ma perché mai un’attrice, un attore, dovrebbe coincidere in tutto e per tutto con il personaggio che interpreta? Per incarnare Edipo bisognerebbe uccidere il padre e giacere con la madre. Non si potrebbe più assegnare alcun ruolo tragico: niente più Lady Macbeth, perché nessuna attrice ha mai spinto il marito a uccidere i suoi rivali; niente più Cid, perché non tutti possono sfidare e uccidere in duello il proprio patrigno.

Il capolavoro di Ernst Lubitsch, To be or not to be, comincia a Varsavia alla vigilia dell’invasione tedesca: vi si vede un attore ebreo testare la propria credibilità nei panni di Adolf Hitler. Riuscirà a convincere persino nella Varsavia occupata, lungo una straordinaria commedia in cui gli attori trionfano sulle SS e sulla Gestapo. Lubitsch, nel cuore della tragedia, non dimostra soltanto che si può ridere di tutto: mette in scena la forza del teatro, del travestimento, dell’attore che inganna il nemico. Ma oggi viviamo in un tempo incapace di finzione e di gioco. Tutto deve essere «vero». Come se Kirk Douglas e James Stewart, grandi cowboy del cinema, avessero mai fatto i mandriani per risultare credibili sullo schermo. Né più né meno di Cillian Murphy, che non ha certo progettato la bomba atomica prima di interpretare Robert Oppenheimer al cinema.

Bruno Cremer ebbe la fama, un po’ esagerata, di uomo di destra per aver recitato il ruolo di ufficiale nella 317ª sezione di Pierre Schoendoerffer, inviata in Indocina… ma questo non gli impedì di interpretare il comunista Henri Rol-Tanguy in Parigi brucia?. Lontano dal protestare, Rol-Tanguy fu felice di vedersi incarnato da Cremer. E Charles Denner, che fu Landru in un film di Claude Chabrol, non ha mai ucciso donne; Michel Serrault, indimenticabile dottor Petiot nel film di Christian de Chalonge, era nella vita reale un uomo sensibile e generoso, lontanissimo dall’ignobile serial killer che portò in scena.

L’elenco è infinito: comprende tutti i ruoli, dal teatro antico al cinema contemporaneo. Ma eccoci giunti in un’epoca di cretinismo avanzato, che confonde l’attrice con il personaggio. Naturalmente, questo cretinismo si scatena quando si tratta di un’ebrea, Charlotte Gainsbourg, abbastanza coraggiosa da firmare un testo che condiziona il riconoscimento di uno Stato palestinese alla liberazione degli ostaggi detenuti da quasi due anni e al disarmo dei terroristi di Hamas.

Soffia un vento cattivo, che investe persino la cultura, dove si vuole vietare, boicottare ogni artista che non abbracci la doxa palestinista. In realtà, la guerra attuale non è che un pretesto per esprimere gelosie e odi covati a lungo, diretti contro quelle ebree e quegli ebrei di talento, così numerosi nella letteratura, nelle arti e nello spettacolo.


Charlotte Gainsbourg e il cretinismo dei boicottatori
Charlotte Gainsbourg e il cretinismo dei boicottatori