La sera di domenica 14 dicembre, nelle case ebraiche, si accende la prima fiammella della chanukkià, la lampada a otto bracci che inaugura gli otto giorni della Festa delle Luci. In quel gesto semplice si rinnova ogni inverno una memoria antichissima: la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme dopo la vittoria dei Maccabei sulle armate seleucidi di Antioco Epifane, tra il 167 e il 165 a.e.v. È una storia in cui si intrecciano resistenza culturale, identità e fede; un racconto che ha consegnato alle generazioni non solo una celebrazione, ma un simbolo potente: la luce che sfida l’oscurità.
Chanukkà ricorda l’inaugurazione del Tempio liberato, restituito al culto del Dio unico dopo anni di imposizioni idolatriche e di sopraffazioni da parte degli ellenisti. La rivolta capeggiata dalla famiglia dei Maccabei fu, prima ancora che un conflitto militare, una battaglia per la sopravvivenza culturale del popolo ebraico: la difesa della propria legge, dei propri testi, dell’educazione dei figli secondo la tradizione atavica.
Quando il Tempio fu finalmente riconquistato, i Maccabei rimossero le immagini pagane e si prepararono a riaccendere il grande candelabro a sette bracci. Ma ciò che trovarono fu soltanto una minuscola ampolla di olio consacrato, sufficiente per un solo giorno. Ne occorrevano otto per prepararne di nuovo. Eppure, narra la tradizione, quella piccola quantità bruciò per tutto il tempo necessario. Da qui la durata della festa: otto giorni di luce per ricordare la vittoria dello spirito sulla forza, della fedeltà al monoteismo sull’imposizione culturale e sull’assimilazione.
La parola Chanukkà affonda le sue radici in un termine ebraico che significa “inaugurazione”, “consacrazione”, ma anche “educazione”. Non è un dettaglio marginale. La rivolta esplose proprio quando il potere seleucide tentò di oscurare l’identità culturale del popolo ebraico, colpendone lingua, usi, tradizioni, memoria collettiva. Difendere il Tempio significava, in senso più ampio, difendere l’identità e rivendicare la libertà di essere diversi.
Il miracolo dell’olio, liquido che non si confonde con altri, ritrovato tra le rovine, diventa metafora di una resilienza educativa che rifiuta l’omologazione e, insieme, di una resistenza non solo militare, ma di una riaffermazione della propria specificità da parte di una minoranza decisa a non lasciarsi annientare da un impero immensamente più potente.
I Maestri della tradizione non scelsero di celebrare la vittoria militare, pur straordinaria, ma il piccolo miracolo dell’olio. Gli storici avrebbero forse preferito commemorare l’impresa politica; l’ebraismo, invece, pone al centro un segno più sottile e duraturo. La guerra fu combattuta da pochi, spesso senza garanzie di successo. Eppure il miracolo non fu fissato nell’atto del combattere, ma in quello del ricominciare a vivere quando tutto sembrava perduto.
Il prodigio di Chanukkà non risiede nella vittoria in sé, ma nella luce che continua a brillare nonostante la notte, nel riportare sacralità in un luogo devastato, nel coraggio di accendere un lume che, secondo ogni logica, avrebbe dovuto spegnersi subito.
Che significato può avere oggi un miracolo avvenuto più di duemila anni fa? Forse ci ricorda che la vita stessa è un miracolo fragile, da difendere con tenacia; che ogni lotta è vana se non conduce a un maggiore rispetto della vita; che una scintilla può durare più del previsto se la si alimenta con determinazione.
Il rito delle luci, così sobrio, custodisce una verità sorprendente: secondo la tradizione, il miracolo si rinnova ogni anno nel momento in cui un ebreo accende la propria chanukkià. Quel gesto, ripetuto di generazione in generazione, diventa testimonianza della tenacia di una piccola minoranza che ha saputo preservarsi in un mondo spesso ostile alla diversità.
Così, ogni finestra illuminata diventa un invito rivolto a tutti: non lasciarsi intimidire dalla violenza, non rinunciare alla propria identità, non smettere di accendere piccole luci anche nei tempi più oscuri. In questa esposizione luminosa c’è la consapevolezza che la gioia e il mistero della sopravvivenza non appartengono solo al popolo ebraico, ma a chiunque creda che una scintilla di luce, per quanto minuta, possa resistere all’oscurità della prevaricazione.
Chanukkà luce scaccia oscurità
Chanukkà luce scaccia oscurità

