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⌥ Campus puliti, coscienze sporche

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Le università hanno riaperto come se gli ultimi due anni non fossero mai esistiti. Una mano di vernice, due righe sul “dialogo”, tre circolari burocratiche e via: riparte il teatrino del sapere critico. Peccato che nei corridoi sia rimasto l’odore acre di ventiquattro mesi in cui lo studente ebreo è stato trattato come una variabile fastidiosa, tollerata finché non intralciava la narrazione furba dell’attivismo.

L’antisemitismo di oggi non indossa più gli stivali: si presenta come seminario interdisciplinare, assemblea inclusiva, discussione sulle lotte dei popoli. Ci si può insultare tranquillamente, basta farlo con un vocabolario progressista. I rettori lo sanno benissimo: è il motivo per cui hanno chiuso un occhio, poi due, poi hanno ficcato tutta la testa sotto la sabbia.

Risultato: campus “normalizzati”, studenti intimiditi, docenti che fischiettano guardando il soffitto. La democrazia accademica non ha fallito per debolezza, ma per convenienza. Meglio qualche slogan contro Israele che una discussione seria sulla libertà. Meno rischi, meno responsabilità, più like.Lezione dell’anno: l’università sa ripulire i cortili. Le coscienze restano quello che sono.


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