Home > Approfondimenti > Ca’ Foscari, il caso Fiano e lo «squadrismo» che cambia colore

Ca’ Foscari, il caso Fiano e lo «squadrismo» che cambia colore

Giuliano Cazzola

Tempo di Lettura: 5 min
Ca’ Foscari, il caso Fiano e lo «squadrismo» che cambia colore

In questi giorni Emanuele Fiano, già deputato del Partito Democratico e oggi presidente dell’associazione “Sinistra per Israele – Due Popoli Due Stati”, non ha potuto tenere il suo intervento all’Università Ca’ Foscari nel corso di un’iniziativa per la pace in Palestina, perché bloccato da un gruppo di facinorosi – armati di striscioni e cartelli – che urlavano il delirante diktat: «Fuori i sionisti dall’Università».

Malgrado la crisi della denatalità, la madre degli imbecilli è sempre incinta. Ma quei ragazzotti sono vittime di “cattivi maestri”; infatti a Ca’ Foscari – come in altre università (troppe), di recente è stata approvata all’unanimità una mozione per sospendere i rapporti con lo Stato di Israele (non con altri?) e con i singoli ricercatori israeliani – magari quelli che fanno ricerche sul cancro – a meno che non attestino di aver condannato la politica del governo Netanyahu.

Tornando a Fiano, mai come nel suo caso il sostantivo “sionista” è stato una maschera semantica e mendace della parola “ebreo”. Ma sapevano, quei facinorosi, chi era la figura a cui vietavano di parlare? L’identikit culturale e politico di Fiano lo ha fatto Manuela Ghizzoni, presidente della Fondazione Fossoli di Modena: «Emanuele Fiano è uomo di pace, costruttore di ponti, fautore del dialogo tra israeliani e palestinesi a tutti i livelli. Per tutta la propria vita si è speso, sia come presidente della Comunità ebraica di Milano, che come parlamentare e, successivamente, come presidente del Comitato scientifico della Fondazione Fossoli (istituita in memoria del campo di Fossoli nel modenese, dove era stato condotto, dopo l’arresto, il padre Nedo prima di essere deportato ad Auschwitz), per proporre occasioni di incontro e riflessione, riconoscendo il diritto dei palestinesi a uno Stato indipendente e condannando senza riserve le politiche del governo israeliano e le azioni dell’esercito nei confronti dei civili a Gaza, così come gli insediamenti illegali dei coloni in Cisgiordania».

Per parte mia, ho conosciuto Fiano alla Camera nella XVI Legislatura e lo ricordo come una persona intransigente sui valori dell’antifascismo che lo portavano spesso a critiche pregiudiziali nei confronti della coalizione di centro-destra, allora in maggioranza, anticipando, sia pure con maggior stile e rispetto, quella polemica sulle radici neofasciste di talune forze politiche, che adesso è divenuta la linea generale del Pd e della sinistra.

Credo, però, che non si sarebbe mai aspettato di trovarsi in difficoltà anche nella sua parte politica per il fatto di essere ebreo, soprattutto perché proviene da una famiglia che ha conosciuto e subìto le leggi razziali fino alla deportazione.
Il padre, Nedo Fiano – scrittore scomparso di recente a cui Emanuele ha dedicato un libro, “Il profumo di mio padre”, con prefazione di Liliana Segre – era nato nel 1925; giovanissimo, fu deportato ad Auschwitz nel maggio del 1944 assieme alla sua famiglia (undici persone in tutto); ne fu l’unico superstite.

Nel commentare con sgomento il grave affronto subìto, l’ex deputato ha ricordato che l’ultimo Fiano cacciato da un Ateneo prima di lui, fu suo padre Nedo nel 1938, l’anno delle infami leggi razziali.

Siamo arrivati al punto che nell’Italia democratica avvengono episodi di intolleranza, di discriminazione e razzismo che, nei fatti, evocano quelli che si verificarono nello stesso Paese quando era sotto il tallone di una dittatura fascista?

Se è così, coloro che se ne rendono responsabili si comportano come gli squadristi di altri tempi e tali sono: manovalanza di un nuovo fascismo che si è spostato da destra a sinistra, un fascismo che non viaggia sulle braccia levate al cielo ad Acca Larentia o Predappio, ma nei centri sociali e, purtroppo, nelle Università e nelle manifestazioni di solidarietà per la Palestina, nelle quali, al dunque, viene condivisa la linea di Hamas.
Che cosa contraddistingue il fascismo? Come diceva Primo Levi: «Ogni tempo ha il suo fascismo».

Per individuare i segni premonitori di quello di oggi, occorre saper risalire e riconoscere i canoni – fondamentali, genetici, comuni e identificabili come tali in ogni tempo – di questa subcultura e dei suoi “cattivi maestri”: la violenza, la prevaricazione, la menzogna, l’imposizione di un pensiero unico e il razzismo sotto forma di antisemitismo.

Lo squadrismo non indossa soltanto la camicia nera e il fez, ma rappresenta l’organizzazione e l’impiego da parte di un regime politico, di squadre d’azione incaricate di atti violenti e intimidatori contro persone e istituzioni avverse.

Lo squadrismo fascista si mise al servizio degli agrari, delle classi conservatrici dominanti e della cricca della monarchia contro l’affermazione dei grandi partiti popolari dopo l’introduzione del suffragio universale e la prospettiva di una stagione di riforme.

Lo squadrismo dei nostri giorni non è che un modo estremo di difendere, anche con la contestazione violenta, l’egemonia culturale, politica e sociale della sinistra messa in difficoltà dalle vittorie elettorali del centro-destra. Gli squadristi, che trovano ogni possibile pretesto (oggi è l’ora di Gaza) per attaccare la polizia e per “bloccare tutto”, inclusi i servizi essenziali per i cittadini, sono alimentati dal medesimo odio che le opposizioni esprimono, a livello istituzionale e del vivere civile, nei confronti della maggioranza e del governo come se fossero usurpatori di un potere ritenuto legittimo solo se detenuto da una sinistra che volle farsi regime.


Ca’ Foscari, il caso Fiano e lo «squadrismo» che cambia colore
Ca’ Foscari, il caso Fiano e lo «squadrismo» che cambia colore