La comunità ebraica australiana è numericamente piccola ma storicamente solida, ben organizzata e profondamente intrecciata alla vita del Paese. Oggi conta circa 120.000–130.000 persone, concentrate in larga parte nelle aree metropolitane di Melbourne e Sydney, con nuclei significativi anche a Perth, Brisbane e Adelaide. In termini demografici rappresenta meno dello 0,5 per cento della popolazione australiana, ma il suo peso civico, culturale e professionale è da sempre molto superiore ai numeri.
Le origini sono stratificate. Una prima presenza ebraica risale già alla fine del Settecento, con l’Australia colonia penale britannica; ma la fisionomia attuale della comunità si forma soprattutto nel Novecento. Tra gli anni Trenta e Quaranta arrivano profughi dall’Europa centrale e orientale in fuga dal nazismo, seguiti nel dopoguerra da sopravvissuti alla Shoah. Negli anni Cinquanta e Sessanta si aggiungono ebrei dall’Europa orientale sotto i regimi comunisti; più tardi, dagli anni Settanta in poi, arrivano ebrei sudafricani, spesso con un alto livello di istruzione e una forte cultura civica. A partire dagli anni Novanta cresce anche la componente israeliana, mobile, professionale, spesso legata ai settori tecnologici e accademici.
Dal punto di vista religioso, la comunità è pluralista. Coesistono ebraismo ortodosso, moderno-ortodosso, riformato e progressista, con una presenza haredi (meglio conosciuti con il termine improprio di ‘superortodossi’) cosignificativa soprattutto a Melbourne. Accanto alle sinagoghe, un ruolo centrale è svolto dalle scuole ebraiche, frequentate da una quota molto alta dei bambini ebrei rispetto ad altri Paesi della diaspora: un dato che racconta un forte investimento sull’identità e sulla trasmissione culturale.
Sul piano organizzativo, la comunità è strutturata e capillare. L’Executive Council of Australian Jewry (ECAJ) è l’organismo di rappresentanza nazionale e l’interlocutore principale con il governo federale. A livello statale operano consigli comunitari come il Jewish Community Council of Victoria e il New South Wales Jewish Board of Deputies. Importanti anche le organizzazioni di difesa e monitoraggio dell’antisemitismo, come l’Anti-Defamation Commission e il Community Security Group, che collabora con le autorità per la protezione di scuole, sinagoghe ed eventi.
Il legame con Israele è forte, esplicito, parte integrante dell’identità comunitaria, ma non monolitico: convivono sensibilità politiche diverse, come avviene in tutte le diaspore mature. Quello che tiene insieme il mosaico è piuttosto un’idea condivisa di appartenenza australiana: gli ebrei si percepiscono, e sono, cittadini pienamente integrati, con una lunga tradizione di partecipazione alla vita pubblica, all’università, alla sanità, al diritto, all’impresa e alla cultura.
Proprio per questo, l’ondata antisemita esplosa dopo il 7 ottobre ha colpito al cuore una comunità che non si è mai vissuta come marginale né provvisoria. Non una presenza “ospite”, ma una delle tante minoranze che hanno costruito l’Australia contemporanea. È questo il paradosso: l’antisemitismo non colpisce un corpo estraneo, ma una parte stabile del tessuto nazionale. Ed è anche per questo che oggi, in Australia, non riguarda solo gli ebrei. Riguarda l’idea stessa di società aperta che il Paese ha sempre rivendicato.
Australia. Gli ebrei, una comunità visibile e radicata
Australia. Gli ebrei, una comunità visibile e radicata

