Il virus antisemita continua a essere attivo all’interno della cultura politica palestinese, mentre l’atteggiamento verso Hamas oscilla secondo la convenienza politica del momento. Sono questi i risultati di uno studio del Jewish People Policy Institute su Al-Hayat Al-Jadida, il quotidiano ufficiale dell’Autorità Palestinese. Si tratta di uno sguardo approfondito su 2.300 editoriali, pubblicati fra gennaio 2022 e agosto 2025 e analizzati con strumenti di intelligenza artificiale capaci di misurare lessico, sentimenti, toni e ricorrenze. Il risultato è un quadro netto.
Il dato più crudo è che il 20% degli articoli contiene elementi antisemiti: dalla negazione dell’esistenza del popolo ebraico alle teorie sul controllo globale, fino ai sudici paragoni con il nazismo. Non si tratta di scarti marginali, ma di una costante che non cambia neppure dopo il 7 ottobre. Parallelamente, il sionismo è descritto quasi sempre come un movimento coloniale, responsabile di ogni sofferenza palestinese. Una matrice ideologica stabile, che l’AI ha soltanto messo a nudo.
La sorpresa, semmai, riguarda Hamas. Prima del 7 ottobre, il movimento viene bollato come illegittimo nell’82% degli articoli: descritto in termini molto negativi, associato ai Fratelli Musulmani e all’Iran, percepito come una minaccia interna più che come un attore della resistenza. Poi arriva il massacro del 7 ottobre, e lì qualcosa si sposta: per alcune settimane i toni si attenuano, il lessico si fa neutrale, compaiono perfino timidi giudizi “abbastanza positivi”. È un fenomeno breve, destinato a sparire dopo il primo cessate il fuoco: le critiche tornano, dure come prima, e Hamas ridiventa un concorrente politico da contenere.
La reazione agli eventi del 7 ottobre segue lo stesso pendolo. Due editoriali su tre ne parlano in termini negativi, ma la condanna non riguarda quasi mai i massacri: ciò che si rimprovera a Hamas è di aver offerto a Israele il pretesto per un’offensiva più ampia e per un ulteriore deterioramento delle condizioni di vita nella Striscia. Una rimozione sistematica dei fatti, sostituiti da una logica politica interna in cui vittime e responsabilità scompaiono.
Nello stesso periodo, la disponibilità a considerare un accordo con Israele precipita. Nel 62% degli articoli l’idea di una trattativa è respinta come impossibile: Israele è presentato come un’entità coloniale con cui non si può negoziare. Solo un terzo degli editoriali lascia uno spiraglio, mentre una minoranza marginale sceglie una posizione neutrale. È un tessuto linguistico che dà forma a un pensiero politico chiuso, incapace di proporre un percorso realistico di de-escalation.
La fotografia complessiva è quella di un discorso ufficiale che non prepara – né ha intenzione di farlo – la popolazione palestinese a una riconciliazione. L’antisemitismo rimane un sottofondo permanente, la delegittimazione del sionismo è un pilastro retorico e la diffidenza verso Hamas non è che il riflesso di un conflitto di potere interno più che della violenza esercitata. Il tutto confezionato in un organo di stampa che, per sua natura, rispecchia la linea politica dell’ANP.
La parte forse più significativa dello studio riguarda proprio l’uso dell’AI. Qui non si parla di algoritmi trasformati in oracoli, ma di strumenti che permettono di quantificare sistematicità e ricorrenze, spogliando la propaganda delle sue ambiguità. L’analisi di machine learning non crea il fenomeno, ma semmai lo illumina – e di una luce tutt’altro che lusinghiera.
Se il dibattito palestinese resta intrappolato in un repertorio di ostilità cronica, la distanza da qualunque ipotesi di soluzione politica non può che aumentare. È il punto che emerge con maggiore forza: una stampa ufficiale che nega il sionismo, che tollera derive antisemite e che accetta solo a fasi alterne di criticare Hamas non è nelle condizioni di preparare la propria opinione pubblica a un compromesso storico.
Il messaggio finale dello studio è insieme semplice e aspro: prima di immaginare una pace, occorre guardare dentro le parole che creano l’immaginario. E oggi quelle parole raccontano un mondo chiuso, diffidente e soprattutto ancora molto lontano dal volto della coesistenza che molti continuano a evocare.
ANP, antisemitismo e Hamas: cosa rivelano 2.300 editoriali nell’era dell’AI
ANP, antisemitismo e Hamas: cosa rivelano 2.300 editoriali nell’era dell’AI

